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La Nazione

I «ragazzi» in cantina: la sfida della globalizzazione in mano ai 40enni col nome blasonato ... Portano nomi importanti. Un passaporto, ma anche un moltiplicatore di responsabilità: la sfida della globalizzazione passa per le vigne e per le cantine. Ma loro, i «ragazzi del vino», non si scoraggiano. Anzi. Armati di coraggio, di passione, di dodici ore al giorno sul «pezzo» tra budget, strategie, aggiornamenti, investimenti ma anche presenza, viaggi, degustazioni, nasi attenti e occhi vispi: eccoli, il manipolo dei trenta-quarantenni che hanno preso in mano le redini delle aziende di famiglia. Aziende grandi: Albiera, Alessia e Allegra Antinori affiancano il padre Piero alla guida di un impero da 101 milioni di euro e 18 milioni di bottiglie l'anno; e intanto un cugino, Niccolò Marzichi Lenzi, figlio di zia Ilaria, è l'uomo designato a condurre l'operazione Campo di Sasso, che sulle colline di Bibbona riunisce dopo vent'anni di strade parallele i due fratelli Antinori, Ludovico e Piero. Tredici milioni di euro solo per un'etichetta è il fatturato della Barone Ricasoli. La madre del Chianti classico: sulle colline di Gaiole, a Brolio, il Barone di Ferro inventò la ricetta del Gallo Nero. Eppure, solo dieci anni fa il marchio, passato in mano di multinazionali straniere, era impoverito, affossato. La coraggiosa battaglia di Francesco Ricasoli ha dato i frutti: è lui il capitano del rilancio, oggi l'azienda ha 220 ettari di vigneti, la guida del Gambero Rosso l'ha eletta Cantina dell'anno, Wine Spectator annovera il Castello di Brolio e il Casalferro tra i top 100 del mondo. Capacità di rinnovarsi, ricerca dell'eccellenza: l'obiettivo qualità scelto da Ricasoli è condiviso da Filippo Mazzei, che a Brolio è amministratore delegato, ma intanto con il fratello Francesco ha raccolto a Fonterutoli l'erdità del padre, Lapo, già strenuo promotore del Classico da presidente del Consorzio. Su quella poltrona siede oggi una donna, una delle regine del vino: Emanuela Stucchi Prinetti, la «castellana» di Coltibuono: il suo e quello di Donatella Colombini Cinelli, che tra Montalcino e Trequanda ha messo in piedi cantine interamente al femminile, sono gli esempi più eloquenti del grande livello a cui sono giunte le «signore del vino». Montalcino, feudo di Jacopo Biondi Santi: un altro giovane, un altro «ricambio» pronto al rilancio, e non solo del Brunello: come i giovani Mazzei, anche Biondi Santi ha puntato l'obiettivo sulla Maremma, per il Morellino di Scansano ma non solo, «sangiovese e Cabernet piantati in Maremma - annuncia Filippo Mazzei - ci daranno un vino di grande struttura ma facile da bere una sera in due». Occhio attento al mercato, ai mercati nuovi, Ricasoli punta su Mosca, Emanuela Stucchi sulla Cina e il Giappone. I giovani ci credono: ecco il principe Duccio Corsini che rilancia Le Corti a San Casciano Val di Pesa, ecco Domenico e Francesco Zonin che investono su Pian d'Albola e, ancora nel Chianti, Giovanni Manetti che a Fontodi ha creato il Flaccianello della Pieve, uno dei Supertuscans più apprezzati nel mondo. Ecco i Frescobaldi - Lamberto, Stefano, Diana, Tiziana... - che si ripartiscono i compiti nel colosso, antico ma vitalissimo, di casa. La parola d'ordine, per tutti: investire. «Nei vigneti, soprattutto», spiega Filippo Mazzei, «per crescere in quantità e qualità, affinare i processi. E puntare sulle nostre specificità». Una cosa i ragazzi del vino la condividono con i padri: l'orgoglio di Toscana. Quello non si globalizza.

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