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La Nazione

L'Europa autorizza il "Bidone" sui vini ... L'Europa schiaffeggia ancora una volta i vini italiani e toscani: potrà essere prodotto un "vinsanto" argentino, un "brunello" o un "nobile" cileno, un "morellino" australiano. La notizia piove come una doccia gelata, quando il ministro Gianni Alemanno ha già lasciato la platea di produttori, giornalisti (un centinaio dal mondo intero), esperti, addetti ai lavori
riuniti a Firenze - mancava la Regione: curioso, nessuno si è presentato ad accogliere un ministro - per l'incontro su "Vino: le grandi denominazioni toscane di fronte alle sfide del cambiamento", che ha aperto la tradizionale
settimana delle anteprime: due giorni per il Chianti classico, due per il Nobile di Montepulciano, il week end a Montalcino patria del Brunello. Come dire: 28 milioni di bottiglie solo dai soci dei Consorzi, un giro d'affari
di 430 milioni di euro. Alemanno aveva incoraggiato la speranza, promettendo «un'azione forte». Non aveva esitato, il ministro, ad «associarsi pienamente alla protesta». A
criticare la Commissione europea « mai sensibile alla qualità». A invocare «coerenza con la riforma della Pac». Ma al Comitato di gestione vini dell'Unione europea non sono bastati i «no» secchi dell'Italia, della Francia, del Portogallo, della Spagna, della Grecia: la proposta è passata, ed è un parere ufficiale. Le 17 menzioni italiane più protette - Brunello e
Morellino, vinsanto e Nobile: non Chianti o Barolo, che sono denominazioni geografiche - potranno essere usate da chiunque e dovunque. Con paletti di scarso rilievo, che pure l'Europa difende come sufficienti tutele, e che
invece Alemanno definisce «omologazione e livellamento verso il basso». Subito si sono levate critiche e condanne: dure le posizioni di Coldiretti («Bruxelles avrà azzoppato la prima voce dell'export italiano, replica la presidente toscana Alessandra Lucci»), Cia, Legambiente e altre organizzazioni. Un brusco e brutto risveglio, per il mondo del vino toscano che aveva appena ritrovato iniezioni di fiducia nel meccanismo dell'erga omnes, vale a dire il controllo totale su tutta la "filiera" affidato ai consorzi con il contributo delle aziende (1,80 euro a quintale) che di fatto riporta nei
Consorzi i grandi assenti: a Montalcino, Biondi Santi è già rientrato. In Chianti, c'è chi ci pensa. Ma ora c'è da correre ai ripari, e subito. La prima proposta è quella di Ezio Rivella, presidente dell'Unione Italiana Vini, che lancia l'idea di una sorta di copyright, marchi registrati dai consorzi sui mercati mondiali. Il Brunello di Montalcino, ricorda il direttore del consorzio Stefano Campatelli, l'ha già fatto in otto paesi, tra cui Stati Uniti, e poi Giappone, Svizzera, Canada, Australia, Sudafrica, Argentina e Cile. Quelli che oggi si beccano un fantastico assist. Dall'Europa, e questo è il colmo. (arretrato de "La Nazione" dell'11 febbraio 2004)

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