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La Nazione

Profondo rosso vino: produttori in "arme" per contrastare la forte concorrenza e la flessione della domanda ... Il peggio è forse già dietro le spalle, ma il vino ha ancora la "febbre". I timidi segnali di ripresa delle vendite non bastano a far dormire sonni tranquilli. E i vignaioli di Toscana, regina indiscussa, insieme a sua maestà il Piemonte, del vigneto italiano, sono sul chi vive. Il Vinitaly, la più prestigiosa vetrina del prodotto nazionale e una delle più importanti fiere a livello mondiale, in programma ai primi di aprile a Verona, dirà cosa c’è dietro l’angolo. Ma non c’è proprio da farsi illusioni. Il contesto rimane grigio se non addirittura nero, con l’economia mondiale, segnatamente quella "domestica" e quella di Eurolandia, su livelli asfittici e che dunque non promette ripresa della domanda; con un cambio euro-dollaro fortemente penalizzante per le nostre vendite in America; con una concorrenza sul mercato globale di vecchi e nuovi Paesi produttori, Australia in testa, alla quale sarà sempre più difficile tenere testa; con la perdita di efficacia di importanti strumenti di difesa del prodotto toscano e italiano - emblematica la vicenda di alcune denominazioni "sacrificate" dall’Europa sull’altare del commercio mondiale - che potrebbero portare altri vistosi contraccolpi. E’ vero anche, però, che possiamo pur sempre contare su un prodotto di punta e medio in Toscana che ha pochi uguali, con alle spalle un’immagine e un "terroir" unici, in grado perciò, se accompagnato da un’assennata politica dei prezzi, di tenere il campo e mietere nuovi successi. Una consapevolezza che accompagna i Consorzi più "blasonati" del vino toscano. Stefano Campatelli, per il Brunello di Montalcino, ammette che il mercato sta vivendo un momento di calma e che l’export negli Usa deve fare i conti con un cambio euro/dollaro molto condizionante. "I nostri prezzi - precisa - sono sostanzialmente stabili. Il Vinitaly costituirà un momento-verità per il prossimo futuro". Paolo Solini, del Nobile di Montepulciano, parla di buoni segnali, con una crescita degli ordini (anche della Germania) che in questi primi mesi del 2004 "sfiora il 20 per cento" grazie eminentemente a un rapporto qualità/prezzo di sicuro appeal. "Una nostra bottiglia - sottolinea - esce dalle cantine a 7/9 euro". "Il Vinitaly - conclude Solini - è un appuntamento molto importante, ma i risultati li mettiamo insieme ormai viaggiando per tutto il mondo e competendo dovunque sul rapporto qualità-prezzo". Segnali di ripresa li avverte anche il Chianti Classico. "La fase, comunque - avverte Giuseppe Liberatore - resta delicata. Veniamo da una crisetta lunga e ci misuriamo con il mondo intero. Con scarse difese, come dimostra la vicenda della denominazioni, o con troppe prescrizioni mentre altrove fanno quello che vogliono. Il futuro comunque non è facile. Basti un esempio. Migliaia di aziende italiane - sottolinea Liberatore - devono misurarsi con l’Australia che ormai produce tanto vino, ne vende all’estero la metà ed è il primo esportatore in Inghilterra e nel Commonwealth. Ma le nostre imprese procedono ognuna per proprio conto, mentre in Australia sei aziende hanno in mano il 65 per cento del prodotto commercializzato e le relative scelte strategiche, comprese quelle sui prezzi". Infine il Chianti. "Vendite tranquille e prezzi appena appena cedenti - dice Luca Giannozzi - il mercato c’è e risponde, non ci sono drammi". Questo per l’anno nuovo. Quanto al 2003, l’Ismea ha fornito i consuntivi ufficiali sull’andamento dei prezzi all’origine del vino. Il Chianti e il Chianti Colli Senesi, causa soprattutto la crisi del mercato tedesco, hanno fatto registrare un deprezzamento del 7/8 per cento. Il Chianti Classico del 13 per cento, la Vernaccia di San Gimignano del 14 per cento, mentre il Brunello è sceso a 1025 euro l’ettolitro per l’annata 98 contro i 1678 euro l’ettolitro registrati per la mitica e inarrivabile vendemmia del ’97. Unica e sorprendente eccezione il Nobile di Montepulciano che ha guadagnato l’8 per cento.

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