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La Nazione

Frescobaldi, una “nave” in Maremma … Presentata la cantina dell’Ammiraglia, quattordicesima azienda del gruppo ... Una palpebra appena schiusa sul volto quieto della collina. Dall’alto, piuttosto il ponte di una nave - ha la stessa lunghezza dell’Amerigo Vespucci - con la prua protesa verso il mare: l’Argentario è là, ti pare di toccarlo, e dalle vigne più alte vedi anche il Giglio. Una nave: che forma poteva avere, la cantina di una tenuta che si chiama L’Ammiraglia? E’ l’ultima nata, nel pianeta Frescobaldi, quattordicesima azienda (tutte in Italia) di un gruppo - Marchesi de’ Frescobaldi, sette secoli di vino - da 10 milioni di bottiglie per un giro d’affari di 80 milioni di euro l’anno, 60% di prodotto destinato a un export “che è buono ma deve crescere, perché il mercato ha imparato a selezionare, e dobbiamo aumentare la produttività, insieme di quantità e qualità, e i servizi, e fare sistema”, sono le parole di Vittorio Frescobaldi, presidente onorario. Una nave bella e solida, la cantina disegnata dallo studio di Piero Sartogo e Nathalie Grenon, che con i Fescobaldi hanno lavorato già a Montalcino con Castelgiocondo, quella con la vasca d’acqua sul tetto. L’Ammiraglia è tutta immersa nel mondo che la circonda: il tetto - con un “buco” per preservare una quercia da sughero tra i tini - è un prato-giardino piantato a erbe aromatiche e profumi mediterranei, “trenta centimetri di terra ottimi anche come isolante termico”, spiega il progettista. Cha ha lavorato “a una visiera sul paesaggio orientata a sud, in un gioco tra morfologia del luogo e disegno, per rispettare il genius loci, una scala ambientale di grande vuoto in un microclima riempito solo da luce, vento, aria marina”. Secondo l’indicazione del direttore tecnico, l’enologo Niccolò D’Aflitto, la cantina è nata aperta, si riempie d’aria, così fra l’altro si sfiata l’anidride carbonica nel tempo delle fermentazioni. Niente diavolerie tecnologiche: è nuova ma tradizionale, e i passaggi “a caduta”, secondo gravità e senza pompe, preservano uva e vino da qualsiasi tipo di stress. “Si unisce il vecchio con il moderno, è una lezione per gli ecologisti più tradizionalisti:
l’agricoltura è competitiva se c’è una carica innovativa, e questa “ala di gabbiano” vuol dire tentare di volare sempre più in alto”, avverte ancora Vittorio Frescobaldi che ricorda con un sorriso: “La cantina è nata in Otto mesi, non ci sono stati problemi con il Comune. Anzi, il sindaco, vedendo il progetto, alla fine osservò: un p0’ si veda, comunque!”. Otto mesi, tra l’autunno 2005 e il 2006. L’avevano acquistata (un’idea di Vittorio, con i Mondavi) nel 2000, e non c’era nulla, una valle selvaggia di boschi. Gli studi del terreno, la scelta dei vitigni da piantare e dei vini da produrre. Sono tre: Terre More, blend di cabernet, merlot e syrah; Pietraregia, un Morellino docg riserva (quello d’annata nasce nei 53 ettari della tenuta Santa Maria, a qualche chilometro di distanza); L’Ammiraglia, lo “chateau”, syrah in purezza con due picchi di vinificazione, insomma quasi il risultato di due vini assemblati. Costi non proibitivi, da 10 a 25 euro. Ha cominciato a lavorare nel 2006, L’Ammiraglia. L’hanno presentata solo ieri, in mezzo a tanti amici, “perché esce ora il 2008, terza vendemmia, e finalmente siamo soddisfatti, ammette Lamberto Fescobaldi, vicepresidente, che scherza: “E poi, dopo 5 anni c’è una patina di vissuto, anche qualche piccola crepa”. Ma poi ricorda: “Quando siamo arrivati, c’era solo un guardacaccia. Adesso ci lavorano fino a 60 persone”, con un investimento che supera i 15 milioni. Quando si dice l’attenzione al territorio.

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