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La Repubblica

Il Prosecco Doc conquista il mondo ... Per il “petrolio Veneto” mercato triplicato negli ultimi 10 anni. Vendite in rialzo del 28% nel 2021 (negli USA balzano del 50%) e brand imitato ovunque. Come Apple... “Un lusso democratico”: Stefano Zanette, presidente del Consorzio Prosecco Doc, le definisce così. Bollicine italiane, che successo. “Come un bel paio di jeans: eleganti e informali, le puoi abbinare con qualsiasi cosa. E tutti se le possono permettere”. Alla fine del 2021 le bottiglie vendute saranno più di 600 milioni, l’80% all’estero. Dove la parola “Prosecco” è percepita come esemplare dello stile e del buon gusto del Bel Paese. Un brand che, secondo una recente ricerca Ipsos, nel mondo è appena sotto a marchi internaziona-li come Adidas o Apple, e davanti a Cinquecento e Redbull. Il mercato continua a crescere, négli ultimi 10 anni è più che triplicato e con la pandemìa la tendenza non si è fermata, anzi: +28,4% complessivo rispetto al 2020 (+53,3% negli Usa, +27,7% in Francia). Russia, Regno Unito, Giappone, Canada, Nuova Zelanda , Cina (+150,1%). Impressionante. Da un continente continente all’altro, vanta più tentativi di imitazionè della Settimana Enigmistica: misteriose bevande bionde e frizzanti distribuite dal Messico alla Malesia, fino al Kazakistan e l’India. Tipo il Plisecco, oppure il Consecco. Il Kressecco, magari lo Sconsecco. Perfino il Prosesso. Giocando con quella parolina magica - Prosecco - provano a venderti candele, patatine, saponette, preservativi: addirittura un gel “erotico”. Il Consorzio è nato alla fine del 2009, dopo il riconoscimento Doc, proprio al fine di tutelare e far conoscere il prodotto: vi aderiscono 9 province (quelle del Friuli e 5 del Veneto), in rappresentanza di circa 12.000 aziende viticole per quasi 25.000 ettari di vigneti. Dai 142 milioni di bottiglie prodotti nel 2010 è stata una crescita continua: 200 milioni l'anno successivo, 420 nel 2016 e 485 nel 2019. Nel primo anno del Covid c’è stato comunque un incremento che ha permesso di superare il mezzo miliardo, quest’anno il balzo in avanti promette di essere stupefacente: 600 milioni, cui andranno aggiunte le bottiglie dei due consorzi Docg (Valdobbiadene, Asolo) per un totale di oltre 700. I dati del mercato italiano sono ottimi, però tutto sommato non si registrano grandi variazioni. È nel resto del mondo, che è scoppiata la mania. “Ci siamo trovati nel posto giusto al momento giusto”, spiega Zanette. “È un prodotto duttile e di qualità: ce l’hai in frigo, ogni occasione è buona per aprirlo. Va bene con tutte le cucine internazionali, non pretende di dettare legge. È esemplare del made in Italy. Piace molto alle donne, che in un certo senso lo hanno “sdoganato”: non deve essere per forza l’uomo, ad ordinarlo. È anche per questo che è diventato alla moda”. Prosecco è il nome di un paesinó del Friuli Venezia Giulia, vicino a Trieste, che dal 2009 ha permesso di identificare una precisa zona di produzione. Il vitigno è all’85% (almeno) il Glera, cui possono essere aggiunte varietà come Verdiso, Bianchetta Trevigiana, Perera, Glera lunga, Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Grigio e Pinot Nero, vinificato in bianco. Ma dallo scorso anno, il Consorzio Prosecco Doc ha proposto anche la versione rosé, con un 15% di vitigno Pinot Nero. “Quando lo abbiamo presentato, ci avevano detto che eravamo frivoli: era invece un’idea innovativa, ci siamo rifatti a un metodo già usato nel territorio. E poi, il vino si fa per essere venduto e i numeri del rosé sono stati subito impressionanti: oltre 70 milioni di bottiglie nella prima stagione 1’85% sul mercato estero”. Il Prosecco ora lo chiamano il Petrolio del Veneto: “Non è un business in mano a 3-4 industriali. Sono coinvolte oltre 11.000 famiglie, ogni azienda ha in media 2 ettari a disposizione. C’è anche chi lavora in ufficio o in fabbrica, e riesce ad arrotondare con una piccola produzione. Creiamo Pil. E facciamo da traino a tutta la viticoltura, non solo a quella di questa regione”. Quando si arriverà al miliardo di bottiglie in un anno? “Non è quello il nostro obiettivo. Noi vogliamo che quei 600 milioni restino, diventino storia: grazie ad un prodotto sempre migliore. Guardiamo a denominazioni come lo Champagne, che per noi deve diventare un esempio. La Francia, a proposito: non ci abbiamo mai insistito, proprio per rispetto allo Champagne, eppure adesso quello è il nostro 4° mercato mondiale. Il segreto è uno solo: lavorare bene, senza fare paragoni né parlare male degli altri. E continuare a sorprendere”.

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