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La Repubblica / Affari & Finanza

Mezzacorona guarda fuori dal Trentino e arriva in Sicilia ... Un investimento da decine di milioni di euro val bene un viaggio in Sicilia. E Fabio Rizzoli, amministratore delegato di Cantine Mezzacorona, prima di chiedere ai contadini soci della cooperativa di mettere mano al portafoglio, ha organizzato un ponte aereo da Trento a Catania. Rizzoli ha voluto far vedere e toccare ai suoi 1.500 viticoltori i 620 ettari di Villa Albius, tenuta in provincia di Ragusa, e i 282 ettari dell’agrigentino Feudo Arancio. Dal 2001 a oggi il gruppo Mezzacorona ha investito in Sicilia 80 milioni di euro e l’operazione è tutt’altro che conclusa: il piano prevede l’integrale rinnovo dei vigneti, per cui le due cantine saranno del tutto a regime nel 20112012. I 6 milioni di ricavi registrati nell’esercizio chiuso al 31 agosto 2004 da Feudo Arancio, dov’è stato completato l’impianto di 240 ettari di nuovi vigneti, sono appena l’inizio di quel che Mezzacorona prevede.

Lo scorso anno il gruppo trentino, con i marchi Mezzacorona, Rotari, Feudo Arancio, Tolloy e Grappa Nota, ha dichiarato una produzione di 25 milioni di bottiglie. Il "progetto Sicilia" dovrebbe portare altri 12 milioni di bottiglie. "Le nostre radici e la nostra forza rimangono qui, ma abbiamo capito che rimanendo solo qui non avremmo avuto possibilità di crescita", spiega Claudio Rizzoli, figlio di Fabio, a sua volta amministratore delegato della subholding chiamata Nosio. Anche nell’architettura societaria è percepibile la tendenza all’innovazione del gruppo trentino. Cantine Mezzacorona, fondata nel 1904, fino al 1970 era espressione di un centinaio di contadini che vendevano all’ammasso le loro uve. In quell’anno è arrivato Fabio Rizzoli, che passo passo al posto della vecchia coop ha attrezzato una public company con forti competenze manageriali e capacità di controllo dell’intera filiera: dal campo alla vinificazione, fino alla commercializzazione su scala mondiale. In questo schema, la coop Cantine Mezzacorona presidia la produzione disponendo di 2.600 ettari di vigneti e garantendo forte redditualità ai soci che conferiscono le loro uve in via esclusiva (e la coop, a sua volta, ne conferisce una buona parte al Giv, il Gruppo Italiano Vini, di cui controlla anche una quota del 5%). Nosio è invece una società per azioni, controllata al 60% dalla coop e per la parte rimanente in mano a 450 contadini.

"I nostri azionisti privati in Nosio - dice Claudio Rizzoli - sono soci della coop che hanno creduto nel piano d’impresa loro proposto". A giudicare dai numeri, gli oculati contadini trentini azionisti di Nosio non hanno fallito l’obiettivo visto che, a fronte di ricavi per 71 milioni, l’utile netto lo scorso anno è ammontato a 2,7 milioni, con dividendi per 1,85 milioni e un patrimonio netto di 51 milioni. Se l’indebitamento di Nosio nel 2003 valeva 62 milioni, è calato a quota 55 nell’esercizio seguente. Il tutto dopo che, condividendo l’iniziativa con la coop, Nosio negli ultimi 12 anni ha investito oltre 150 milioni nella costruzione della Cittadella del vino, dove ha accentrato cantine, impianti di imbottigliamento, uffici, persino un centro congressi da 1.200 posti inaugurato sei mesi fa.

L’apertura di credito verso Nosio, del resto, non aveva nulla dell’avventura, dati i precedenti maturati dai Rizzoli in Cantine Mezzacorona. La coop capogruppo l’anno scorso ha dichiarato un fatturato di 70 milioni, con un patrimonio netto costituito tutto da riserve pari a 31 milioni e un debito complessivo di 66 milioni (a fronte di 82 milioni del 2003). Da notare che per due terzi il debito della coop è dovuto ai soci stessi, che volentieri prestano denaro a Cantine Mezzacorona. Tenendo conto poi delle controllate minori, e in particolare di Prestige Wine Imports che cura la commercializzazione negli Stati Uniti, il gruppo trentino ha avuto nel 2004 un fatturato consolidato di 109,7 milioni. "Da questa base negli anni a venire, grazie all’apporto delle tenute siciliane, attendiamo un boom progressivo", dice Claudio Rizzoli.

Il "progetto Sicilia", peraltro, non risolve i piani di sviluppo di Mezzacorona. Due i caposaldi indicati dal top manager di Nosio. Il primo ha a che fare con la distribuzione, "vero valore aggiunto del futuro", dato che l’export pesa il 70% delle vendite. In questo senso emerge l’accordo di recente siglato con il colosso australiano Foster’s. Il secondo tema chiama in causa l’ingresso in altre regioni. La commercializzazione dei marchi Castello di Querceto, tenuta di 60 ettari a Greve in Chianti, "è solo l’inizio di una forte presenza che vogliamo avere in Toscana".

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