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La Repubblica / Affari & Finanza

Dossier Puglia - Un vino speciale, con un carattere unico. Renzo Cotarella, uno dei più qupotati enologi italiani, spiega le grandi potenzialità dei vitigni regionali. Negroamaro, Aglianico e Primitivo di Manduria un tempo venivano usati per tagliare i prodotti del Nord, oggi invece vanno fieri delle proprie etichette ... «La Puglia ha la fortuna di avere varietà di vitigni dal grandissimo potenziale ma anche dalla elevata caratterizzazione, che ne fanno una regione quasi unica». Renzo Cotarella, considerato uno dei più quotati enologi e winemaker italiani, tra quelli che maggiormente hanno contribuito a far conoscere il vino italiano nel mondo è direttore generale della toscana Marchese Antinori di Piero Antinori, una delle più antiche e più famose aziende vitivinicole del mondo. Cotarella ha scoperto la Puglia, dal punto di vista della produzione vitivinicola proprio quando Piero Antinori ha acquistato dai Gancia 100 ettari di vigneti per dare vita a Tormaresca presso Bari, nella doc di Castel del Monte. «Era il 1998 - ricorda - la prima volta che andavo in questa terra ad osservare la produzione e ne sono rimasto incantato: una varietà pedoclimatica incredibile; basta guardare il territorio, dai calcarei sassosi e aridi di Castel del Monte al fertilissimo Salento è una gamma di paesaggi e caratteristiche le più differenti, come le varietà dei vitigni. La Valle d’Itria, collinare con terreno rosso che ricorda il cotto della terra di Siena, terreni con uno scheletro bianco, sassi calcarei, che a Minervino diventano tufacei, giallini. Zone capaci di dar vita a produzioni molto importanti ma con costi contenuti. Siamo rimasti affascinati anche dalla compenetrazione con le specialità gastronomiche locali, varie e importanti come i vini, e dallo stesso olio, dagli ulivi secolari e dai tronchi giganteschi». Negroamaro, Aglianico, Primitivo di Manduria, tanto per citare i rossi di punta della Puglia, un tempo venivano usati per tagliare ai vini del nord, oggi arrivano sulle nostre tavole fieri delle loro etichette, delle loro caratteristiche. Ma i vitigni autoctoni pugliesi sono tanti, una miniera. Vitigni importanti, che danno vini di struttura, ma docili e plastici all’occorrenza: «Abbiamo prodotto un rosso da abbinare ghiacciato al pesce, in estate, qui si può osare anche questo, e il risultato con il Negroamaro è stato sorprendente ha questa ciliegia e lampone dai tannini dolci. Con un Sangiovese ti sarebbe venuto da piangere», racconta. Il vino, 20.000 bottiglie per la sola ristorazione, è andato a ruba e da ora la produzione prende il via. Antinori, Pasqua, Gancia, Zonin. I colossi del Nord hanno investito in Puglia. Un segnale chiaro delle potenzialità di questa terra. «Siamo partiti quest’anno con le prime bottiglie, con una produzione limitata, e il mercato sta rispondendo bene», racconta con entusiasmo Gianni Zonin, che dalle splendide colline venete è venuto nel Salento per far conoscere nel mondo i vini della sua Masseria Altemura. «Questa terra capace di produrre vini importanti, corposi, strutturati è tra le più adatte per contrastare l’avanzata sui mercati internazionali dei paesi produttori emergenti, come Australia e Cile, Vini di qualità capaci di seguire anche le mode».

Tanti riconoscimenti ma ancora poca visibilità. Quando si parla di sud, infatti, si pensa sempre alla Sicilia, una regione autonoma in cui tanti investimenti pubblici sono stati indirizzati a far conoscere il patrimonio vitivinicolo locale. Invece la Puglia resta ancora nell’ombra, nonostante la ricchezza del patrimonio. Forse proprio perché il segnale più forte, importante, che tarda ad arrivare è proprio dalla Puglia stessa. «I pugliesi sono stati gli ultimi ad apprezzare i vini pugliesi», racconta Vittoria Cisonno, presidente del Movimento Turismo del Vino della Puglia. «Nei ristoranti fino a poco tempo fa si faticava a trovare bottiglie locali - spiega - una battaglia per avere la carta regionale». Ma dagli ultimi anni c’è molto fermento. Al Vinitaly di Verona oltre 140 erano le aziende presenti. E i numeri parlano di quantitativi elevati. Insieme a Veneto e Sicilia è tra le regioni più produttive. Ma i riconoscimenti enologici dicono che in questa terra molto generosa e fertile ai volumi si cominciano ad affiancare anche etichette di qualità, che ottengono riconoscimenti nelle guide dell’Espresso, dell’Ais e del Gambero Rosso. Vini che, oltretutto, spesso si caratterizzano per l’ottimo rapporto qualità/prezzo, come il Salice Salentino dell’azienda agricola Conti Zecca, che però si è imposta tra i vini di fascia alta con il Nero, assemblaggio di Negroamaro e Cabernet Sauvignon. Dei fratelli Candido famoso il Cappello del Prete, Negroamaro in purezza in vendita a meno di 10 euro. C’è poi il Carminio dei Carrozzo, L’Archidemo dei Parvini, lo Zinfandel dell’Accademia dei Racemi. I rosati di questa terra si stanno affermando sul mercato, come il Five Roses di Leone de Castris. Un panorama ampio e vasto di produttori e prodotti, che va dalle grandi aziende, come la Rivera, di proprietà delle famiglie De Corato e Gancia fino alle cantine sociali e cooperative, che come quella di Leverano, che vende nelle enoteche di tutta Italia il suo Primitivo attorno ai 5 euro.

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