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La Repubblica / Affari & Finanza

L’America scopre che un peccato vai bene una tassa ... Vietare i “peccati del mondo” o semplicemente tassarli? Dopo decenni di puritanesimo e di politiche contraddittorie, gli Stati Uniti di Barack Obama optano per il castigo fiscale. Il Texas ha imposto un balzello di 5 dollari su ogni cliente che visita i 170 locali di spogliarello sparsi nello Stato (e la Corte Suprema dovrà ora decidere se la misura è costituzionale o meno).
In California, dove a novembre si terrà un referendum per la legalizzazione della marijuana, i sostenitori dello spinello libero promettono che farà incassare 1,4 miliardi di dollari all’anno in introiti fiscali, contribuendo così al risanamento dell’immenso deficit statale (20 miliardi).
E a New York il sindaco Michael Bloomberg, che ha già introdotto una super-tassa sulle sigarette, continua a premere, nonostante le obiezioni dei consiglieri comunali e soprattutto delle multinazionali delle bollicine, per una imposta addizionale su tutte le bevande ad alto contenuto di zuccheri. “L’obesità va combattuta in tutti i modi”, spiega il sindaco miliardario.
Nel passato gli Stati Uniti avevano un atteggiamento molto diverso: più rigido e repressivo. Basti pensare al proibizionismo posto dal diciottesimo emendamento della Costituzione e dalla legge Volstead, che tra il 1920 e il 1933 mise al bando la fabbricazione, vendita, importazione e trasporto dell’alcol, creando al tempo stesso un immenso mercato nero controllato da Al Capone e i suoi colleghi. Ancora adesso l’alcol è vietato ai minori di 21 anni e nelle basi militari. Anche la zero tolerance predicata da Rudolph Giuliani rientrava in questa tradizione.
Intendiamoci: ci sono sempre state anche tante ambiguità. Mentre sceriffi e telepredicatori si scagliavano contro la prostituzione facendo leva sui valori puritani (e molto meno sulla difesa delle donne), i bordelli del Nevada continuavano a operare in piena regola con le leggi dello Stato, tentando a volte la strada della quotazione a Wall Street. Veniva combattuto il gioco d’azzardo, salvo poi trasformare Las Vegas e Atlantic City in colossali casinò.
Dietro al cambiamento di prospettive e all’emergere delle tasse come arma anti-vizio ci sono almeno tre fattori. Innanzitutto il fenomeno può essere visto come una conseguenza a scoppio ritardato degli anni della deregulation reaganiana e della fede cieca nel mercato.
Rispecchia poi una evoluzione della cultura americana legata ai flussi immigratori e alla globalizzazione. E per ultimo vi ha contribuito l’incubo per il crescente debito pubblico: gli americani hanno una avversione quasi genetica perle tasse e la prospettiva di un loro aumento, dopo il passaggio della riforma sanitaria e soprattutto dopo la valanga di aiuti pubblici post-crisi, spinge a trovare soluzioni alternative. Di qui il fascino di tassare peccati e peccatori minimizzando i contraccolpi sul resto della società.

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