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Allegrini 2024

La Repubblica / Affari & Finanza

Quei territori che fanno un business di vino … Dal boom del Prosecco all’invenzione del Torcolato, il Veneto si conferma primo non solo come quantità di produzione ma anche per innovazione e riconoscimenti all’estero. Ma l’alluvione di novembre ha messo in ginocchio diverse cantine di alcune zone… “Le viti sono a ridosso delle case, le case immerse nelle vigne, sembrano loro piantate tra i filari”, parla delle colline della zona del Cartizze, Giancarlo Moretti Polegato, presidente di Villa Sandi, l’azienda vinicola della famiglia Moretti Polegato, il business di famiglia prima che venisse creato il marchio Geox, guidato dal fratello Mario. La Rivetta, una di queste colline, è quella del gruppo e dà nome al Cartizze Villa Sandi La Rivetta, unico Cartizze che ha preso i tre bicchieri, il massimo riconoscimento della guida del Gambero Rosso, Vini d’Italia 2011. Bollitine pregiate, le figlie più nobili del Prosecco Conegliano Valdobbiadene Docg, che prendono il nome da questo fazzoletto di terra, candidato a patrimonio dell’Unesco, una microzona di 106 ettari e 140 famiglie di produttori, come dire neanche un ettaro a testa. Ma è tutto il distretto a dare vita a una delle eccellenze italiane, e la recente riforma che ha dato vita al Prosecco Doc, gli ha dato ancora più forza. “Abbiamo un brand di territorio, come lo champagne, e nessuno celo può più copiare. Puoi copiare un vitigno, il merlot, lo chardonnay, si producono ovunque, ma il prosecco no, non puoi riprodur: e un territorio, e il territorio 61a nostra forza”, dice Moretti Polegato. Le bollicine trevigiane fanno indubbiamente da traino per l’azienda, che vanta tra Prosecco doc, Prosecco di Conegliano Valdobbiadene e vini fermi un portafoglio ampio di etichette e due fasce di prodotto, quella alta, Villa Sandi e la base, La Gioiosa, si accinge a chiudere l’anno in forte crescita: “Più dieci per cento delle vendite, un ottimo risultato, dovuto soprattutto all’export, che rappresenta il 60% del nostro fatturato su 60 paesi di distribuzione e che da solo ha fatto registrare un incremento del 15%, contro il 4% di crescita in Italia. Contiamo di chiudere l’anno a 53 milioni di euro di giro d’affari”, racconta. In Germania le grandi catene commerciali hanno tirato la volata. Più faticoso è stato convincere il mercato inglese, dove l’aumento della tassa sugli alcolici ha frenato ancora di più la spesa: “Qui i volumi crescono, ma si abbassa il prezzo medio di vendita”, spiega Moretti Polegato. Negli Usa, dove invece il gruppo vende nel canale della ristorazione, degli alberghi e delle enoteche, il boom del Prosecco fa da apripista a tutti gli altri prodotti, distribuiti dal gruppo Mondavi. Un altro marchio di Valdobbiadene, Bisol, è atterrato da Harrod’s, il tempio delle shopping londinese, unica bollicina italiana tra quattro grandi marche di champagne. Un testa a testa sulla piazza storicamente considerata più importante per il mondo vitivinicolo, che dà la misura di come il nostro prodotto dall’ottimo rapporto qualità-prezzo possa continuare a crescere nonostante la crisi. I dati che il Consorzio per la tutela con Conegliano Valdobbiadene Consorzio diffonderà l’11 dicembre, registrano un aumento del 7,5%delle vendite in termini di volumi, un risultato ottimo se si considera che tra il2003 ei12009 la crescita media annua è stata del 10,6%. Ma il Veneto, primo produttore italiano divini, che con il Vinitaly di Verona ha dato vita a una delle fiere più importanti di settore, non vanta solo bollicine. E’ terra di un grande rosso, l’Amarone, con brand sempre in cima alle classifiche come Allegrini, cinque grappoli, il massimo, per DuemilaVini dell’Ais. O l’amarone selezione Giuseppe Quintarelli 2000, tra i vini dell’eccellenza per i Vini d’Italia de L’Espresso. Trai bianchi il Soave, una denominazione prodotta in un territorio incontaminato che, anche grazie agli sforzi della Cantina sociale, sta cominciando a diventare un brand noto anche all’estero. Una terra, però, messa in ginocchio dall’alluvione di novembre. L’acqua ha travolto la cantina di Roberto Anselmi, a Monforte d’Alpone, una vicenda che colpisce in modo particolare per chi conosce la storia di questo viticoltore, sempre controcorrente, pignolo e vulcanico, che è riuscito nel tempo a ricomprare i vigneti che un tempo erano di proprietà del nonno. Negli anni 70 prende in mano le redini dell’azienda di famiglia che, ceduti gli assot della terra, imbottigliava il vino comprando uve da altri produttori. Un bastian contrario che ha contestato i disciplinari di produzione in nome della creatività e della passione. I suoi vini, semplici Igt, sono sempre in cima alle classifiche e anche la nuova guida Slow wine lo riconosce tra le eccellenze. Piccoli produttori, grandi cantine. Una delle caratteristiche del Veneto è la forza delle cooperative che unite riescono a conquistare economie di scala e peso sui mercati esteri. A Calmasino, vicino Bardolino, in provincia di Verona, altra zona che dà nomea un vitigno famoso, ha le radici il Giv, gruppo italiano vini, il numero uno in Italia per produzione che dopo la fusione con Cantine riunite e Civ è diventato un colosso di stazza internazionale. Ma senza perdere la base territoriale e la diversificazione che le consente di avere in portafoglio etichette di eccellenza in quasi tutte le regioni d’Italia. Il fatturato dovrebbe superare i 304 milioni dello scorso anno, anche grazie alla distribuzione di Carpenè Malvolti, uno dei più antichi brand di Conegliano Valdobbiadene. Un cambio di rotta determinato dalla volontà di Etile Carpenè Malvolti di rafforzare la propria presenza sul mercato interno e in particolare nel canale horeca per consentire ai consumatori di trovare le sue bottiglie nella migliore ristorazione e nei migliori alberghi. II Giv ha recentemente acquisito un’altra cantina, Cavicchioli, nome storico del lambrusco, ampliando ancora di più il portafoglio prodotti e i territori di produzione. Acquisizioni, fusioni, alleanze. Per crescere sui mercati internazionali Sandro Boscaini, patron del gruppo vinicolo Masi di Sant’Ambrogio di Valpolicella, produttori da sei generazioni ha scelto nel 2006 la strada del private equity, una strada innovativa in questo settore molto refrattario a soluzioni finanziarie più sofisticate. Ha inventato un vino per fare concorrenza ai francesi. Fausto Maculan, terza generazione di viticoltori veneti, è riuscito a contrapporre al Sauternes il suo Torco-lato, fluss and gold, oro colato, come l’hanno ribattezzato gli inglesi, tra i primi ad apprezzare le bottiglie di questa Doc, diventata uno dei simboli del made in Italy. Poco importa che i duevini si differenzino per procedura, il francese, infatti, è un muffato, frutto della muffa nobile, mentre l’italiano è un passito, diventa cioè dolce dopo un periodo di appassimento delle uve. All’inizio Maculan, premiato anche per i suoi rossi come La Fratta, era l’unico produttore di Torcolato, (cugino del Recioto), l’inventore appunto di questo marchio di passito ricavato dall’uva vespaiola, vitigno autoctono di Breganze, la cittadina in provincia di Vicenza che ha dato vita a questo fenomeno enologico. E dove ogni anno, a gennaio, si tiene la tradizionale festa in piazza della prima torchiatura.

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