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La Repubblica / Affari&finanza

Il mondo visto attraverso la bottiglia ... Hemingway ha fatto diventare leggenda il mojito, Jacqueline Kennedy il Veuve Clicquot. Vini e alcolici diventano emblema della nuova ricchezza e delle nuove mode. E i big del lusso si contendono le etichette... Abbigliamento da yacht, grandi occhiali neri e champagne Veuve Clicquot: questa una delle immagini più famose di Jacqueline Kennedy, prima moglie del presidente degli Usa John Kennedy e poi dell’armatore greco Aristotele Onassis, uno degli uomini più ricchi del mondo. E’ una delle icone degli anni 60, immagine simbolo di un mondo che, finita la guerra, è in piena rinascita. Sono gli anni del miracolo economico. Il vino e gli alcolici in genere sono l’emblema della nuova ricchezza e delle nuove mode. E’ appena morto lo scrittore Ernest Hemingway, uno che di bottiglie se ne intendeva. Beveva Mojito, cocktail a base di rum, fino a farlo diventare una vera e propria leggenda.
Ad un altro cocktail è stato dato addirittura il suo nome, martini Hemingway: è a base di gin e vermouth, e non va confuso con il Martini della Martini&Rossi, che pure in quegli anni inizia a diventare una presenza costante nelle feste del jet sei mondiale. Ma se non bastasse, lo scrittore arriva a chiamare la figlia Margaux in onore dello Chàteau Margaux. il vino francese tra i più famosi. Negli anni 60, è stata tenuta a battesimo anche la prima annata del Dom Rosé, la linea rosé del Dom Perignon ( Lvmh) alla corte di Reza Pahalavi, lo scià dell’Iran. L’Italia non resta indietro. Non nell’Olimpo c’è solo il Martini della Martini e Rossi (azienda fondata nel 1847, oggi di proprieta dell’inglese Bacardi, altro marchio storico).
Sulla sua scia nuove bottiglie entrano nella vita degli italiani, anche più alla portata dei portafogli delle famiglie. Nel 1968 compare sugli schermi televisivi italiani la pubblicità del Cynar, con l’attore Ernesto Calindri seduto al tavolino in mezzo alla strada. Per gli amari è il boom. Si afferma il Ramazzotti, fondato dai fratelli Ramazzotti nel 1815, e oggi della Pernod Ricard, una big del settore, quotata alla Borsa di Parigi, con un portafoglio di marchi che spaziano dai whisky Chivas e Jameson alla tequila Olmeka.
Nel vino le cose sono diverse. L’Italia è ancora “la damigiana” d’Europa, perché esporta tanto vino, ma molto sfuso. Il vino più famoso di quell’epoca è il Chianti, che conosce il suo primo boom anche grazie ad una grande idea di marketing, il fiasco con la paglia che ne diventa l’immagine per antonomasia. Ma qualcosa inizia a muoversi. Siamo ancora nel 1968 e il marchese Incisa della Rocchetta, dalla sua tenuta di Bolgheri, in Toscana, lancia il Sassicaia, l’etichetta che porta l’Italia nell’Olimpo dell’enologia mondiale. L’enologia italiana inizia per la prima volta a competere con le etichette degli chateaux francesi che hanno secoli di vita. Bottiglie e consumi diventano un binomio irresistibile che conquista anche il mondo dell’arte. Anche se non sono alcoliche, le tre Coca Cola di Andy Warhol assurgono, come la lattina di zuppa Campbel, a simbolo di un consumismo che è ormai un fenomeno che valica ogni confine. Forse il primo vero fenomeno “globale”.
Etichette e marchi, distillatori e cantine diventano oggetto di investimento anche da parte del potente capitalismo dell’industria. Lo Chàteau Margaux, per esempio, è stato per anni oggetto di una forte partecipazione da parte della famiglia Agnelli. E’ uno dei primi segnali di uno shopping che è durato fino ad oggi e che porta gradualmente tutte le grandi etichette a gravitare nell’orbita di pochi grandi gruppi della finanza o del lusso. Cheval Blanc e Chàteau d’Yquem, i vini più famosi al mondo, sono per esempio ora del gigante del lusso Lvmh, capitanato da Bernheim Arnault, che nel suo portafoglio ha assemblato etichette che hanno fatto la storia dell’enologia, da Veuve Clicquot al cognac Hennessy. Fa capo a Lvmh anche il Krug, altra griffe al top degli champagne. Adesso gli alcolici sono partiti all’attacco dei nuovi ricchi del asiatici. E se il cognac ha fatto registrare quest’anno un boom le tre bottiglie di vendite in tutto il mondo, Hennessy ha toccato il record di oltre il 40% di incrementi nella sola Cina, dove è diventato un must nelle discoteche.
Tra i primi 7 gruppi mondiali di wine&spirit c’è il Campari, fondato in Italia e ancora oggi in mano a un ramo della famiglia Campari, i Garoviglia, ed è diventato uno dei maggiori protagonisti a colpi di acquisizioni. Fanno parte del suo portafoglio il whisky Glen Grant e la Sky Vodka. oggi di gran moda tra i giovani, soprattutto negli Usa, la Sella&Mosca e l’Asti Cinzano e anche un’altra etichetta affermatasi negli anni Sessanta ma che ha invece ancora un suo sostanzioso mercato: l’Aperol. La guerra per il controllo del mercato si combatte anche curando il design e il packaging. L’annata 1998 del Dom Perignon è stata disegnata, per esempio, dallo stilista Karl Lagerfeld. L’italiana Gancia risponde con Paolo Pininfarina, l’industrial design di Torino che ha disegnato la nuova linea di bollicine di Alta gamma destinate soprattutto ai paesi emergenti come la Russia.
(arretrato de La Repubblica - Affari&Finanza dell'8 dicembre 2007)


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