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La Repubblica / Affari&finanza

A Venosa il vino fa il miracolo di unire 500 mini-tenute agricole ... I due imponenti fabbricati danno il benvenuto all´ingresso del paese, sulla Via Appia, il segnale evidente che qui l´economia del territorio la fa una cantina che produce vino. Una cooperativa sociale che è riuscita a imporsi sul mercato nazionale ed estero, facendo sistema, mettendo insieme tanti piccolissimi produttori. Un miracolo per questo angolo di sud, la Basilicata, dove ancora oggi il limite principale alla crescita del territorio è rappresentato proprio dall´estrema frammentazione della proprietà agricola come di qualsiasi altra iniziativa. Ognuno si tiene stretto il suo fazzoletto di terra, ognuno procede per conto proprio. E per campare, negli anni 60 si emigrava.
Negli anni 80 e 90 sono arrivate la Fiat, la Barilla e la Parmalat, e la Natuzzi dalla vicina Puglia, e le nuove generazioni sono rimaste a casa. Ma la Natuzzi ora è andata a produrre in Cina, la Fiat ha passato un brutto momento, e la Parmalat è stata travolta dagli scandali finanziari. La Cantina sociale di Venosa che ha puntato sul patrimonio locale, i prodotti della terra, dal 1957 ad oggi non ha mai perso un colpo. Con il suo Venusio Carato, etichetta di punta in cima alle guide di settore, ha portato la fama dell´Aglianico del Vulture in nord Europa, Inghilterra e Danimarca in testa, paesi molto esigenti in fatto di vino, ed è sbarcata persino in Usa, distribuita da Wine Bow di Leonardo Locascio, il secondo più grande importatore statunitense.
A Venosa - città natale del poeta romano Orazio, oggi egregiamente ristrutturata - oltre 900 ettari di vigneti sono il patrimonio di 500 soci: il più grande ha 15 ettari, il più piccolo 300 are, ma tutti insieme hanno dato vita alla più grande tenuta del posto. All´inizio i soci erano 12 e si vinificava nelle antiche grotte del paese. Poi il primo stabilimento, negli anni 80 e, tre anni fa il nuovo. La grande svolta c´è stata nel 2000, con l´arrivo del presidente Teodoro Palermo: «Lavoravamo le uve e vendevamo il vino da taglio per i grandi baroli, brunelli e amaroni del nord. Poi ci siamo detti: quello che va bene per gli altri, perché non lo imbottigliamo in casa nostra?», racconta Antonio Teora, direttore generale.
Due milioni e mezzo di euro di investimenti, una nuova linea di vinificazione e l´ampliamento delle etichette con 10 differenti prodotti: il "progetto bottiglia" come è stato ribattezzato, non ha tardato a farsi sentire sui risultati. Dalle 70.000 bottiglie vendute si è passati alle 600.000 di oggi e il fatturato è arrivato a 3 milioni di euro. Trentacinque agenti lavorano per la vendita più una rete specifica per la Gdo, grande distribuzione. Che non viene trascurata, per far capire che la qualità è al di sopra del prezzo e con il Vignali, l´etichetta base, sempre di aglianico, la Cantina di Venosa è tra quelle che hanno vinto l´oscar per il rapporto qualità-prezzo.

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