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La Repubblica / Affari&finanza

La cantina high-tech per brindare alla crisi ... Latour o Lafitte? Cabinet o cave, questo è il problema? Se sia più nobile adagiare il proprio Château nella cassettiera di Linley con il modellino ligneo della villa del produttore in sommità, affinché gli ospiti ne stupiscano, o lasciar dormire il nobile vino sotto le volte antiche nel silenzio e nell’ombra fino a quando il padrone di casa non scenda in cantina a eleggere le compagne della sua serata? Travolti dalla crisi, incerti tra credit default swaps e asset backed securities, i banchieri di Londra si consolano con la bottiglia. Non è che bevano di più per dimenticare: ormai considerati dall’opinione pubblica peggio dei sindacalisti all’epoca della Thatcher, i giovani bankers cercano semmai di far dimenticare se stessi e la propria ignorante avidità. Bevono e invitano a bere per socializzare ancora: invece che sui titoli, sarà meglio discettare su annate e vitigni, enologi e barriques. Per questo, la scelta deve essere accurata, soppesata, magari condivisa con l’ospite. E il luogo dove avviene il rito introduttivo del convivio diventa cruciale. Nei migliori palazzetti di Chelsea e Kensington, di Belgravia e Mayfair, chi è uscito in tempo dalla Borsa riadatta una sala, e talvolta un salone, per ospitarvi la propria collezione di grandi cru in apposite teche di cristallo e legni preziosi a luce, temperatura e umidità controllate. Conservazione per l’esibizione, dunque.

A dire il vero, questa passione per la cantina high-tech al piano era fiorita anni fa in Estremo Oriente. In Cina e a Singapore si trovano alcune delle più prestigiose raccolte di vini rari. Ed è comprensibile che là, dato il clima, non si potesse fare come in Borgogna o nel Chianti. In Europa, dove il vino è nato, il clima è un problema il più delle volte risolvibile con i sistemi tradizionali. Ma resta il fatto che, se un signore abbiente e incapricciato comincia a comprare bottiglie su bottiglie, la conservazione può presentare difficoltà: mica si possono tenere in uno scantinato vicino agli sci e agli scarponi etichette da mille euro in su. Di qui il successo che stanno avendo Silverlining, Smith & Taylor, Cellarworks, David Linley e Joanna Wood con le loro pareti attrezzate che possono arrivare fino a 250 mila sterline, vini esclusi. Certo, fa un po’ impressione ritrovarsi a conversare con un master (bocciato) of universe circondati dalle bottiglie invece che da una biblioteca o cenare in un’enoteca domestica anziché avere la vista allietata da porcellane di Sevres o da un paio di Mondrian, se si ama l’essenziale. Fa impressione, a patto che non sia Corinne Mentzelopoulos a estrarre dal cabinet il suo Château Margaux. Allora anche il cabinet è perfetto.

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