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La Repubblica / Affari&finanza

Consumi, la stagione dello “sboom” ... La campagna di vendite natalizie ha dato risultati contrastanti: non c’è stato il crollo, alcuni settori hanno tenuto meglio di altri ma i dati dicono nell’insieme il mercato si sta spostando. Rinviate le grandi spese, i consumatori puntano sulla qualità più che sulla quantità... Per Giulio Tremonti non ci sono dubbi: “Posso dire con certezza che a Natale i consumi hanno tenuto e che non c’è stata alcuna catastrofe”. Al contrario secondo Adusbef e Federconsumatori siamo di fronte a un piccolo disastro: acquisti in calo del 20%. Stessa musica per i saldi: le associazioni dei consumatori si stracciano le vesti denunciando riduzioni a doppia cifra rispetto al 2007 mentre per Carlo Sangalli, presidente della Confcommercio (ed ottimo amico del premier Silvio Berlusconi) “la crisi c’è e morde” ma per i saldi “non c’è stato crollo”. E allora, in che modo ci si può districare fra stime e dichiarazioni divergenti se non palesemente contraddittorie?

Intanto bisogna premettere che la verità oltre a stare nel mezzo cambia da regione a regione e da una categoria merceologica all’altra. Prendiamo i dati dell’indagine Prometeia-Findomestic relativi alle “spese durevoli” nel corso del 2008. Una definizione che mette nello stesso paniere l’acquisto di auto nuove e auto usate da parte di persone fisiche, quindi motoveicoli, elettrodomestici bianchi e bruni, mobili, informatica per le famiglia. Ebbene, il calo c’è stato (-8%) ed è risultato più alto della media in regioni come il Piemonte (-12,9%) e il Veneto (-10,7%). Al contrario nel Sud, dove il livello delle “spese durevoli” risulta storicamente più basso i cali percentuali sono inferiori alla media.

Dunque, la gente preferisce rimandare gli acquisti più importanti. Basta parlare con Rosario Messina, presidente della Federlegno Arredo, l’associazione degli industriali del mobile e del legno per rendersene conto. Lui, Messina, fino a quattro cinque settimane fa era quasi ottimista. Adesso, però, la situazione è cambiata: “I nostri associati ci dicono che nel comparto del mobile c’è stato un calo dei nuovi ordini compreso fra il 10 e il 20%. Ma se ci spostiamo nel comparto del legno per l’edilizia la situazione è tragica: 50% rispetto all’anno scorso”. Ecco perché la Federlegno lancia un Sos al governo chiedendo che “venga almeno ridotta al 10% l’Iva per le giovani coppie che mettono su casa”.

Settori e regioni in difficoltà, quindi. Eppure non mancano i comparti e le aziende (anche nell’arredamento) che stanno utilizzando la crisi come un volano per accelerare il cambiamento. E presentarsi più forti all’appuntamento con la crescita. Facciamo l’esempio di Euronics, numero due italiano nel settore dell’elettronica di consumo che ha chiuso il 2008 con un aumento dei ricavi stimato attorno al 3% e pari a circa 1.850 milioni di euro. Ebbene, alcuni dei prodotti venduti dalla catena come i notebook (+14%) o le macchine digitali reflex (+19%) hanno fatto boom. Benissimo gli smartphone (+70%) mentre cala la vendita di cellulari tradizionali (12%), di lettori Mp3 (20%) e di computer desktop (20%).

In realtà Euronics ha anche colto la palla al balzo offerta della crisi per investire in comunicazione e nel servizio al cliente. Ad esempio ha lanciato una robusta campagna pubblicitaria che ruota attorno al claim: “Euronics contro l’abbandono del cliente”. Ma non è tutto. Perché il gruppo, al contrario di quanto avviene comunemente, ha potenziato il suo callcenter, tutto composto da dipendenti del gruppo che conoscono bene sia i prodotti sia i clienti.

Insomma, le aziende più lungimiranti stanno seguendo il consiglio di Federico Sassoli de Bianchi, il presidente dell’Upa, l’associazione dei grandi utenti pubblicitari, che inviata a sfruttare il momento attuale per trovarsi in pole position quando arriverà la ripresa. Un obiettivo raggiungibile grazie ad un investimento convinto in comunicazione. Ne sono convinti anche alle Coop, numero uno italiano della grande distribuzione, che stanno per lanciare una campagna per rassicurare i consumatori: “Da una parte la crisi, dalla tua parte ci siamo noi”.

In effetti la situazione del largo consumo è completamente diversa. “A dicembre il crollo nelle vendite dei prodotti alimentari nella grande distribuzione non c’è stato”, osserva Vincenzo Tassinari presidente del consiglio di gestione Coop Italia, “le vendite si sono ridotte solo dello 0,1% e per quanto ci riguarda Coop ha fatto meglio: +2,1%”. Certo se consideriamo i consumi alimentari nel loro complesso il 2008 chiude con una flessione più consistente stimata fra lo 0,6% e lo 0,8%. E allora?

In realtà la crisi sta cambiando parecchi business. Tassinari, ad esempio racconta che nel 2008 le vendite dei prodotti a marchio Coop sono cresciute del 14-15%. Al contrario, sempre nei supermercati delle cooperative, si registra una riduzione di 4 punti per le grandi marche. Comunque attenzione: non si tratta di un fenomeno legato solo al prezzo (anche se i listini delle “marche commerciali” sono più bassi del 20-25%). Il cambiamento è più profondo e coinvolge anche altri settori. Pensate alla moda. Mentre i segnali che provengono dall’abbigliamento tradizionale non sono buoni (3,4% in novembre) assistiamo all’esplosione del fastfashion. Alessandra Lombardini, vicepresidente del Center Gross di Bologna che ospita 300 aziende del pronto moda prevede un piccolo boom. Dice: “Soprattutto il “pronto alla stanga”, cioè il prodotto che in due giorni arriva in tutta Italia sta andando fortissimo. Ma anche il fast fashion più tradizionale va alla grande”. Secondo l’Osservatorio congiunturale del Fastfashion, infatti, il settore ha chiuso il 2008 con una crescita del 7% e nel 2009 l’aumento sarà del 5%.

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