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La Repubblica / Affari&finanza

I falsari del cibo si possono battere “La prima arma è la comunicazione” ... L’80% di quello che i consumatori internazionali considerano “made in Italy”, in realtà non lo è. Olio, pasta e formaggi che riempiono gli scaffali della grande distribuzione e dei punti vendita specializzati, richiamano nomi e località della Penisola, ma in realtà arrivano da altri paesi. “E’ da questi dati che occorre partire per qualsiasi analisi sulle prospettive di rilancio per l’alimentare italiano”, osserva Sandro Bicocchi, amministratore delegato di Fiera Milano International, l’ente che organizza Tuttofood.

A fine 2008, il fatturato dell’industria alimentare ha raggiunto nel nostro paese 120 miliardi di euro, con oltre 400mila addetti distribuiti in 6.500 aziende, per lo più di piccole o medie dimensioni. Un settore quello del food, che con fashion e forniture, rappresenta "le tre F" dell’eccellenza italiana nel mondo. Anche se ora si trova stretto tra due fuochi, entrambi pericolosi: da una parte la minaccia proveniente dalla recessione mondiale, dall’altra la pressione crescente che arriva dall’industria del falso. Un mercato che, secondo le ultime stime dell’Accademia Italiana della Cucina, movimenta 52 miliardi di euro, puntando soprattutto su prodotti con nomi simili a quelli originali: dagli spaghetti napoletana e i capellini milaneza prodotti in Portogallo, al risotto tuscan e polenta degli Usa, fino a penne e fusilli tricolore Di Peppino realizzati in Austria. “Si tratta di due problemi legati fra loro - aggiunge Bicocchi - Nel momento in cui si deteriora il quadro di fondo, diventa ancora più importante tutelare il vero made in Italy”. Un obiettivo che passa attraverso una migliore strategia di comunicazione: “Il nostro paese ha 4.700 prodotti tipici, ma spesso la loro conoscenza è limitata a un contesto geografico limitato - osserva l’amministratore delegato di Fiera Milano International - Con Tuttofood abbiamo l’obiettivo primario di aiutare gli operatori internazionali a riconoscere il vero prodotto italiano, partendo da approfondimenti sulle tecniche produttive, il valore della produzione tipica, i modi per riconoscere i prodotti originali rispetto a quelli contraffatti”.
La manifestazione non sarà, in ogni caso, limitata alla sola produzione nazionale. Per la prima volta prenderanno parte a una fiera europea i produttori statunitensi di carne. Un accordo con Fancy Food permetterà, inoltre, di organizzare focus sui temi dell’informazione, dell’etichettatura e della liberalizzazione. Sono previsti, inoltre, seminari su Argentina, Brasile (sono programmate collettive per entrambi i paesi) e Giappone.

Il ruolo della comunicazione riveste un peso rilevante anche per affrontare uno dei filoni emergenti nel mercato: l’attenzione alla sicurezza. Gli scandali che hanno caratterizzato negli ultimi anni numerosi prodotti alimentari di largo consumo hanno favorito la crescita del filone legato al biologico e alla certificazione della provenienza. Un comparto che non è stato frenato dalla crisi economica degli ultimi mesi: “La minore disponibilità finanziaria non sta impattando sui consumi di prodotti di qualità - spiega Bicocchi - I consumatori sono diventati più selettivi, ma non sono assolutamente disposti a cedere sul tema della sicurezza alimentare”.

Questa tendenza spiega anche l’ottimismo degli organizzatori sulla seconda edizione di Tuttofood: “Al momento, viaggiamo su una crescita del 3035 per cento per quanto concerne gli espositori e su una conferma dei visitatori rispetto al 2007 - stima Bicocchi - E’ il segnale che abbiamo imboccato la strada giusta, individuando una domanda di mercato ben precisa e costruendo intorno ad essa un marketplace internazionale”. Una scelta che è passata attraverso la scelta di limitare l’ingresso ai soli operatori professionali: “Più che sui grandi numeri relativi all’affluenza, puntiamo a fare di Tuttofood un’occasione di incontro per chi lavora nel mondo dell’alimentare - commenta - Nell’esperienza di Fiera Milano, non c’era mai stata una manifestazione di eccellenza che rappresentasse il settore agroalimentare, che per importanza strategica e volume d’affari non è secondo al design, alla moda o alla meccanica, due grandi comparti della tradizione italiana che nel capoluogo lombardo hanno trovato da tempo il loro riferimento d’affari”.

L’avanzata di Milano nelle manifestazioni sull’alimentare non poteva lasciare indifferente Parma, da sempre punto di riferimento italiano nel settore. Dopo qualche frizione passata, nelle scorse settimane Fiera Milano International e Fiere di Parma hanno siglato un accordo orientato alla semplificazione del quadro fieristico nazionale nel settore agroalimentare: Cibus continuerà a essere la manifestazione di riferimento dedicata al retail negli anni pari, mentre Tuttofood punterà soprattutto sul settore della ristorazione e, più in generale, dei consumi fuori casa. Le parti si sono date tempo fino al 30 giugno 2009 per definire i termini dell’intesa. “In una fase difficile sui mercati, abbiamo fatto prevalere l’interesse comune per il paese, ponendo le basi per un percorso condiviso verso l’Expo, che vedrà proprio nell’alimentare uno dei temi chiave - conclude Bicocchi - Ora abbiamo davanti tre mesi per definire tutti gli aspetti di un accordo che valorizzi le rispettive competenze”.

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