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La Repubblica / Affari&finanza

Champagne, “petit vignerons” all’attacco del mercato italiano ... Dodici e piccoli. Ma uniti e agguerriti. Il nuovo fronte dei “petit vignerons”, i piccoli produttori indipendenti di champagne, s’è aperto a Milano, la settimana scorsa, con l’arrivo in forze di un gruppo di vignaioli sconosciuti che hanno stappato le loro bottiglie davanti a ristoratori, conduttori di enoteche e giornalisti, palati esperti che studiavano perlage, profumi e sentori per capire cosa fa la vera differenza tra queste etichette di nicchia e i brand delle maison.

Dom Perignon, Krug, Veuve Cliquot, Roederer, Ruinart: sono questi i nomi che consumatori di bollicine hanno imparato a conoscere, quelli che chiunque trova nelle enoteche e nelle liste dei vini dei ristoranti. Griffe in bottiglia che fanno il giro del mondo, forti di una rete di distribuzione e di vendita che in molti casi fa capo a multinazionali come Lmvh o Ppr, emblemi del lusso che riverberano sui vini e champagne l’allure di abiti e profumi di eccellenza. Già è più difficile conoscere marchi, non meno importanti, come Paillard, Selosse, maison ma di famiglie private e con una produzione più limitata rispetto alle grandi case. I petit vignerons, invece, sono ancora un circolo riservato. Molto apprezzati dai grandi intenditori che partono alla volta della champagne e fanno il giro delle piccole, spartane caves, dalle quale escono prodotti che dalle mille sfaccettature, tutti diversi, specchio del territorio. Ci lavora tutta la famiglia, le bottiglie con le fecce vengono ancora girate a mano. Artigianali in tutto, anche nel servizio: a richiesta, infatti, si possono avere etichette personalizzate, per un compleanno, o con dediche e colori ad hoc per le ricorrenze speciali.

Se ne è girate a tappeto tante di queste caves Antonio Moretti, industriale della moda, nonché viticoltore, prima di scovare tra Epernay e Mesnil sur Roger, il piccolo produttore che potesse realizzare le bollicine giuste il portafoglio di etichette che dalla Toscana alla Sicilia sta imponendo sui mercati italiani e stranieri e che hanno conquistato alti punteggi su Wine Spectator, bibbia del settore: Saia, Crognolo, Oreno, Vigna di Pallino, ReNoto. Ora c’è anche un bianco, di Toscana, “Anni”, una rarità per la regione. Ma in un portafoglio che punta a target di lusso, come tenuta “Sette Ponti” dell’imprenditore aretino, non potevano mancare le bollicine, “Grand Tour”, rigorosamente firmate “petit vignerons”. L’ultima moda per chi ama le bollicine. Ci sono oltre 15.000 “Vignerons de champagne”, il marchio collettivo sotto il quale si raccolgono i proprietari del 90% dei 35 mila ettari di territorio dove si producono da secoli le bollicine francesi. Molti vendono le uve alle maison, ma la produzione in proprio cresce, le quote di vendita all’estero pure, oggi al 12% dell’export di tutto lo champagne. Nel 2001 hanno creato Le Syndicat Général des Vignerons de la Champagne, per fare leva su un network comune e farsi conoscere all’estero.

Gli ultimi dati diffusi dal Civc, le Comitè Champagne, dicono che dopo anni di crescita lo champagne ha chiuso il 2008 colpito dalla crisi, con una flessione globale delle vendite del 4,8% rispetto al 2007. In Italia la flessione è stata più elevata, dell’8,78%. E i piccoli produttori, che avevano iniziato a conquistare quote di export, passano al contrattacco. Aumentano le occasioni per farsi conoscere. Arrivano di persona e con le loro bottiglie. Piccoli, fanno rete, supportati dal Sindacat Général e da UbiFrance, il corrispettivo dell’Ice italiano, che cerca di supportare le piccole imprese francesi nel mondo. Tutte, anche quelle che fanno bollicine. E infatti era tra gli organizzatori del workshop di Milano sugli Champagne de Vignerons. Grazie al quale, oggi, attraverso ristoratori ed enoteche i consumatori potranno dire di conoscere le etichette firmate Charles Gouthière et Fils, Dumont et Fils, Michel Marcoult Père et Fils, Olivier Collin, BOurdaireGallois, JosephBouché et Fils, Tanazacq, Déhu Père et Fils, DourdonVielliard, poissinet Et Fils.

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