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La Repubblica / Affari&finanza

La guerra del Prosecco tra Veneto e Friuli ... È un po’ presto per dire se mai un giorno dovranno occuparsene gli storici, la “guerra delle bollicine” degli agricoltori del Carso per adesso si combatte sul fronte delle carte bollate, con un ricorso al Tar del Lazio contro un decreto del ministro delle risorse agricole Luca Zaia. Ma se mai dai timbri e dai fogli protocollo si passerà alle salve di tappi sparati contro i palazzi del potere romano, almeno non verrà contestata la causa prima del conflitto.
Tutto ha inizio infatti lo scorso primo d’agosto, quando il ministro annuncia il riconoscimento, da parte del Comitato nazionale per la tutela della denominazione d’origine dei vini, della Doc Prosecco. Viene così valorizzato e tutelato, proclama Zaia, “un vino che rappresenta l’Italia in tutto il mondo”.
E vengono garantiti “i produttori onesti e i consumatori di tutto il mondo: dietro il Prosecco e il suo successo c’è la sapienza dei viticoltori italiani, un patrimonio inimitabile di conoscenza che difenderemo da ogni tentativo di imitazione”.
Sembrerebbe il momento di stappare qualche buona bottiglia e brindare, e fine della storia. Invece è soltanto il principio. Cerchiamo di capire il perché facendo un passo indietro.
Per il consumatore distratto o poco informato il prosecco (con la “p” minuscola) è un buon vino chiaro e frizzante che allieta le sere d’estate; se mai a quel buon bevitore è capitato di passare in autostrada da quelle parti, diretto magari alla villeggiatura estiva sulle Dolomiti, crede di sapere che il vino è originario delle colline venete, lì dove esse cominciano a increspare la pianura verso i monti, ai piedi delle Prealpi.
Errore. Anzi, errori. Il Prosecco, con una “p” bella maiuscola, è un vitigno dal quale si ottiene l’omonimo e ben noto vino bianco, ma la sua origine, anziché veneta, è giuliana. C’è infatti nel comune di Trieste una frazione che porta proprio quel nome: Prosecco. Altra cosa è il “Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene”, un vino Doc prodotto con quello stesso vitigno (in proporzione minima del 90 per cento) ma imbottigliato, questo sì, esclusivamente in Veneto, anzi per la precisione in quindici comuni del Trevigiano, tra i quali i due eponimi sono i più noti (ma ci sono anche Vittorio Veneto, Pieve di Soligo, eccetera).
È questa una denominazione ormai storica, perché proprio pochi mesi fa ha compiuto quarant’anni, essendo stata istituita con decreto del 2 aprile 1969, e senz’altro celeberrima in Italia e un po’ in tutto il mondo. Taglia fuori, però, il Prosecco prodotto nel Carso triestino, area geografica della quale, come s’è detto, il vitigno è originario. Di qui il nuovo riconoscimento all’intera zona di produzione: una Doc dunque interregionale, a cavallo fra Veneto e Friuli Venezia Giulia. E, contestualmente, la creazione di una Docg “Conegliano Valdobbiadene e Colli Ascolani”.
Tutto a posto? Neanche per sogno. Gli agricoltori del Carso sono scesi sul piede di guerra.
“Non ci bastano più le promesse”, avverte il presidente regionale Friuli Venezia Giulia dell’Associazione agricoltori, Franc Fabec, “quando abbiamo dato l’assenso all’uso del nome della località di Prosecco per salvaguardare lo spumante prodotto nelle due regioni, ci erano stati garantiti fatti concreti per lo sviluppo della nostra agricoltura”. Quali, per esempio? In primo luogo che per la sede della Doc Prosecco venga scelta proprio l’omonima frazione di Trieste (e non, pare di capire, una località veneta); poi una serie di facilitazioni e investimenti in aiuto all’agricoltura carsica.
La questione arriverà adesso al Tar del Lazio. Ma gli agricoltori del Carso non sono gli unici a mettere i bastoni fra le ruote alla nuovissima Doc Prosecco: suo avversario è anche la regione Piemonte, con la motivazione che “il Prosecco è un prodotto nazionale e il 25 per cento dell’intera produzione origina in Piemonte”. Sembrerebbe una questione accademica, ma se si dà un’occhiata al blog “Le Vigne di Alice” su www.vinix.it si vede che non è così: la discussione è appassionata e raggiunge toni virulenti. Il fatto è che il Prosecco è una grande ricchezza. Il consumo di “bollicine” è stabile in Italia ma in crescita costante all’esportazione. Secondo i dati appena raccolti dal Forum Spumanti d’Italia (www.forumspumantiditalia.it) e relativi al 2008, del solo Prosecco Doc Conegliano Valdobbiadene sono stati prodotti l’anno passato 49 milioni di bottiglie. E il Prosecco è in pieno boom negli Usa, dove ormai le bollicine italiane hanno sorpassato gli champagne francesi.

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