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La Repubblica / Affari&finanza

Ceretto: troppo Barolo rovina il mercato… L’azienda cresce ancora al ritmo dell’8% l’anno ed esporta il 90% dei suoi “rossi”. Per Mario Soldati era “la poesia della terra” e in “Morte nel pomeriggio” Ernest Hemingway lo definì “uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo”. Nessuno dei due aveva immaginato l’avvento dell’era dell’etilometro. Ma è tutta qui la minaccia per l’industria italiana del vino? Bruno Ceretto non sembra esserne convinto, anzi si guarda bene dall’enfatizzare il fenomeno. “Certo, ha prodotto una flessione dei consumi nella ristorazione valutabile sul 30% alla quale non si è risposto con una campagna capace di creare un’opinione non contraddittoria, ma i veri problemi sono altri. Primo fra tutti l’aumento sconsiderato e fuori controllo dell’offerta oggi coniugato alla ricaduta sui mercati della grande crisi”.
Assieme fratello Marcello, Bruno Ceretto produce da oltre mezzo secolo vini di qualità. Da pionieri si sono trasformati in imprenditori, restando sempre nella mappa geografica dell’eccellenza delle Langhe. Il loro è il classico gruppo di famiglia che sotto l’ombrello della Finceretto, presieduta a turno dai fratelli, vede anche i figli di Bruno, Federico e Roberta, e quelli di Marcello, Lisa e Alessandro. Ognuno con compiti specifici e orientati al progressivo passaggio di mano generazionale. Due le società controllate dalla capogruppo, con un centinaio di dipendenti di cui 20 stagionali, fatturato 2008 sui 25 milioni di euro (8% in più sul 2007) e 2009 allineato all’anno precedente. Un milione di bottiglie di bianco tra Arneis e Moscato e 300 mila di rossi di cui 100 mila di Barolo. Il sistema familiare funziona: contro i pericoli vecchi e nuovi. “La crisi ha picchiato sodo sui grandi mercati - avverte Bruno Ceretto - e per recuperare si dovrà aspettare per lo meno fino al 2012”. Per un gruppo come il suo, che esporta in 70 paesi il 90% dei vini rossi e il 30% dei bianchi, vuol dire alzare il livello di attenzione. Stati Uniti, Giappone, Germania e da un anno anche la Russia sono i principali mercati di destinazione. “La recessione si è avvertita ma passerà. Tutto dipende da come si saprà difendere la qualità dai rischi di una politica dissennata che minaccia di indebolire l’eccellenza italiana”.Un altro pezzo del made in Italy a rischio? Guardato dalle colline del Barolo questo pericolo c’è tutto. E si può tradurre anche in numeri. Negli ultimi dieci anni si è passati da 8 a 12 milioni di bottiglie di questo vino pregiato e si calcola che il Barbaresco abbia subito la stessa sorte. La spiegazione?“E’ presto detto risponde Ceretto Si è permessa una costante e non controllata estensione dei vigneti. Negli undici comuni compresi nell’area del Barolo si è passati da 1200 a 1800 ettari. In meno di dieci anni c’è stato un balzo da 6 a 12 milioni di bottiglie di Barolo con una moltiplicazione dei produttori anche fuori dalle terre deputate a questo vino. Chi fa il mestiere che facciamo noi sa benissimo che non basta stare dentro il perimetro di questo territorio o, peggio ancora, fuori per produrre un ottimo Barolo. La stessa collina può assicurare un prodotto di qualità sul versante esposto al sole e non altrettanto sul versante opposto. Eppure intorno non c’è più un centimetro di terra libero e questo perché, a differenza di quanto accadeva una volta, oggi non si comprano i vigneti ma le cascine, pensando che poi basti ingaggiare un guru come consulente, uno quei personaggi che costano più di Richard Gere, che con l’aiuto della chimica crede di poter fare il miracolo di trasformare un modesto Barolo in un vino di qualità”.I Ceretto si oppongono a questa che ritengono “una tendenza suicida” contro la quale occorre capire che vince la vigna e non l’enologo, che non basta qualche anno per arrivare a produrre un Barolo degno di questo nome e che non pagano le scorciatoie verso produzioni drogate col rischio di dover sottostare, come sta accadendo oggi, a “declassamenti” di Baroli e Barbareschi a Nebbiolo. Senza contare il problema di dover fare i conti con la grande distribuzione che mette in vendita Baroli industriali a 1415 euro. La risposta di Bruno Ceretto è decisa: “Quando avremo fatto pace con l’etilometro e con la moda del biodinamico per difendere il made in Italy dovremo soltanto continuare a produrre vini eccellenti. Senza trucchi”.

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