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La Repubblica / D

Rosso d’Oriente ... Il vino diventa simbolo di successo, per il business impiantano vigneti grossi come la Spagna... In Cina la vigna è coltivazione antica. I cinesi non hanno mai bevuto vino, limitandosi a consumare l’uva come frutto fresco. La popolazione benestante però aumenta, arricchirsi non è più reato e il gusto subisce il fascino dell’Occidente. Il vino diventa così il simbolo del successo, un segno di raffinatezza internazionale e un grande affare. I cinesi cominciano a bere e il paese scala la classifica dei primi mercati enologici del mondo. Molti, in Europa e Stati Uniti, pensavano che esportare bottiglie in Cina avrebbe garantito una fortuna. Non è stato così. Cinesi e stranieri, una decina di anni fa, hanno deciso di piantare viti in Oriente e di trasformare le regioni più vocate in una nuova California. Gli esperti ridevano. Profetizzavano esperimenti fallimentari, convinti che mai una bottiglia cinese avrebbe raggiunto una tavola di classe. Lo scetticismo si è trasformato in silenzio prima e in paura oggi. Alcune etichette made in China sono entrate nelle carte più esclusive ed è iniziata la corsa dei colossi verso terreni e cantine del rinato Impero di Mezzo. Le marche più prestigiose, francesi in testa, stanno dirottando in Cina i loro investimenti. Alla fine degli anni 90 la produzione cinese era irrilevante. Oggi si imbottigliano 400mila chilolitri di vino e la nazione è il sesto produttore del pianeta. Nel 2009 le vendite sono aumentate del 40%, il volume del 97%, per un fatturato di 80 milioni di euro. Se si aggiunge Hong Kong, si sfiorano i 200 milioni e il 46% di incremento annuo. I commercianti spostano in Oriente la forza vendite perché nessun altro luogo ha registrato una crescita dei consumi tanto elevata. La Cina è ormai il primo importatore extraeuropeo di vini francesi e germanici. I grandi chef spiegano la rivoluzione con il cambiamento delle abitudini alimentari. Oltre cinquecento milioni di cinesi hanno smesso di nutrirsi a fini di sussistenza, con pietanze essenziali. Possono permettersi di mangiare, anche per diletto. Variano il menù e affinano il palato, riscoprono le antiche ricette della cucina imperiale. La birra, i liquori o il tè, non si adattano più ad accompagnare piatti ricercati. Il vino inizia così a comparire quotidianemente sulle tavole e nelle cantine di tutto il mondo suona il campanello dell’allarme. Le regioni dello Shanxi e dello Shandong, o l’area esterna a Pechino, si trovano sulla stessa latitudine di Bordeaux. Lo Yunnan, l’Hebei e Jilin, hanno caratteristiche simili a quelle della Napa Valley. Terra e mano d’opera costano però trenta volte meno e ottimi vini possono essere messi sul mercato a prezzi da cartone. Una delle più ricche cantine del mondo sorge vicino alla Grande Muraglia e a un’ottantina di chilometri dalla capitale il governo ha deciso di aprire quella che sarà la strada del vino più spettacolare della terra. Tra distese di vigneti vaste quanto la Spagna, stanno sorgendo centinaia di osterie, cantine, istituti agrari, ristoranti ed enoteche che offrono migliaia di etichette cinesi e internazionali. Il vino però non è un’automobile e non basta possedere la tecnologia per ottenere un grande prodotto. La natura è quasi tutto. Gli esperti sostengono che il clima cinese rimane un nemico difficile. Alcune zone, dove il terreno è più adatto alla vigna, sono troppo umide, o eccessivamente calde in estate e fredde nell’inverno. Il clima richiede un uso eccessivo di pesticidi e spesso rovescia carichi di pioggia proprio nel tempo della vendemmia. I viticoltori e i giovani enologi diplomati negli ultimi anni non hanno esperienza di vino. La maggioranza non lo conosce, non può assaggiare prodotti stranieri, molti non l’hanno nemmeno mai bevuto e si limitano a conoscenze teoriche. Ciò che altrove sarebbe un insormontabile ostacolo, è in Cina un formidabile stimolo. Le difficoltà di terra e di clima stanno raffinando lo studio. Come già è accaduto in California, Cile e Australia, superare i limiti naturali significa donare carattere al vino, creare generi e sapori nuovi. Il giro d’affari ha dimensioni tali che i migliori vignaioli ed enologi del pianeta sono ormai consulenti dei produttori cinesi. Non ha senso storcere il naso. L’Europa e l’America, per secoli, si sono scambiate vegetali ed esperienza. Ora tocca alla Cina con il vino. Non sarà un’eccentricità brindare con un rosso d’Oriente.

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