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La Repubblica - Firenze

“Ezio diceva spesso che “ogni tradizione è un’innovazione ben radicata”. È stato un visionario, non un sognatore: nella vita era una persona di grande praticità, data, forse, dal suo passato come ufficiale degli Alpini quando faceva il servizio militare – racconta Elizabeth Koenig, assistente personale dal 1982 di Ezio Rivella, il primo enologo-manager italiano, che ha portato il Brunello di Montalcino nel mondo, morto a Roma la scorsa notte all’età di 91 anni - Rischiamo di non rendercene conto, ma il dottor Rivella è stato un precursore. Oggi tutti fanno enoturismo, ma a Villa Banfi si organizzavano visite in cantina quando ancora la struttura era un cantiere in divenire. Credeva molto nel valore della condivisione e per questo ha fatto convergere a Montalcino tutto il mondo vitivinicolo. E non perchè Montalcino fosse famosa come lo è oggi, ma perchè c’era lui”. Mister Brunello non c’è più. Ezio Rivella ha rivoluzionato la percezione del vino in Italia, costruendo la fortuna dell’etichette targate Brunello e portandole a spasso per il mondo, come si fa con i bambini che muovono i primi passi. Nato piemontese a Castagnole Lanze (Asti) nel 1933, è morto come un toscano d’adozione, per via del lungo trascorso coinciso con l’epopea di Castello Banfi: “Anche se - ricorda Koenig con un pizzico di nostalgia - aveva malinconia per i vini della sua terra. I vini dolci, quelli frizzanti, i moscati”. Cavaliere del lavoro, giramondo e girovago con una venerazione per il Giappone di cui amava l’ordine e la disciplina, ha ricoperto ogni carica immaginabile nel mondo della viticoltura, tanto che secondo Alessandro Regoli, direttore di Wine News e che con Rivella ha lavorato per quanto riguarda la parte di comunicazione, è stato “l’ultimo grande del Novecento del mondo del vino a livello internazionale – spiega – Riusciva a mettere insieme idee, contenuti e azione. Solo i grandi come lui riescono a farlo. Alla fantasia propria di ogni visionario, riusciva ad associare conoscenza e pragmaticità. Era un uomo del fare”. A Montalcino, per gli amanti del vino e non solo, il proverbio “piangere come una vite tagliata” assume oggi un significato diverso, perchè ad andarsene è stato colui che ha messo il paese del Senese sulla mappa di tutti gli appassionati. “Ha tirato su da solo, da zero, Castello Banfi - racconta Regoli – Un’azienda leader mondiale, che dava lavoro a trecento, quattrocento persone. Si torna lì: pensiero, contenuti, azione”. E a piangere non è solo il luogo dove è diventato grande, ma tutto il mondo del vino in generale. “'Ezio Rivella - scrive il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella - è stato uno dei protagonisti assoluti dell’enologia italiana, in particolare negli anni ‘70, ‘80 e ‘90 del secolo scorso, quando il nostro settore era ancora alla ricerca di un’identità e di una posizione. Se esiste l’enologia moderna ed evoluta, motivo principale del rinascimento dei vini italiani, lo dobbiamo in larga parte a Ezio, un autentico pioniere del mondo del vino. Capace di interpretare la professione con doti manageriali e imprenditoriali”. Con Rivella è iniziato il Nuovo Mondo del vino italiano, fatto di numeri nell’ordine dei miliardi per quanto riguarda il giro d’affari e nell’ordine dei milioni per i turisti che riesce a portare nel nostro Paese. “Insieme alla famiglia italo-americana Mariani (con il quale parte il progetto Villa Banfi) - ricorda Koenig - il loro obiettivo era cambiare il mondo vitivinicolo”. Missione compiuta, Mister Brunello.

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