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La Repubblica / Firenze

L’ambiente - Allarme degli esperti. Rischio frana la colpa è del vigneto. Motivo: i filari in discesa invece che paralleli ai colli
Hanno invaso i nostri dolci pendii. E poco a poco si sono infiltrati anche nelle nostre menti modificando i paesaggi immaginati. Adesso salta fuori che anche i vigneti, quel Bacco toscano che ha fatto più di una fortuna commerciale, possono costituire un rischio idrogeologico. I vigneti verticali almeno, quelli che dall’alto della collina scendono a pettine verso il basso. I cosiddetti «ritocchini» insomma per usare lo «slang» degli agronomi, che hanno ormai soppresso i più rassicuranti «girapoggio», i filari che seguono il livello altimetrico delle colline e che fanno da sfondo alle pitture rinascimentali chiuse nei musei.

«Erosione del territorio» quindi «riduzione della fertilità dei suoli» e infine «modifica peggiorativa del paesaggio», sono i capi d’accusa contro i «ritocchini» cari ai grandi produttori del Chianti. I capi d’accusa formulati al congresso internazionale su «Storia e sostenibilità», che andrà avanti fino a dopodomani al Palaffari. E’ il congresso organizzato dalla società europea di storia ambientale in collaborazione con l’Università di Firenze e il sostegno della regione: 300 esperti provenienti da tutta Europa rischi ambientali e conservazione della natura i temi di fondo.

«Una volta il contadino coltivava derrate e si occupava anche della manutenzione del territorio, ora si tratta di fare la stessa cosa senza il mezzadro», dice lo storico Piero Bevilacqua che ha aperto il congresso. E Mauro Agnoletti docente di Agraria ha aggiunto il resto: «i vigneti in verticale sono causa di un enorme erosione che un tempo veniva evitata grazie al terrazzamento - dice Agnoletti - basta una pendenza del 30 per cento per trascinare giù tonnellate di terra, col risultato di far slittare verso il basso gli stratti più fertili». In pratica, i vigneti nati per lo sfruttamento intensivo favoriscono gli smottamenti: «E sarebbe bene che anche i finanziamenti pubblici ne tenessero conto» avverte Agnoletti.

C’è poi la questione del paesaggio. Secondo una ricerca del Censis, il 60 per cento dei motivi per i quali si compra il vino toscano ha a che fare con il paesaggio, aggiunge Agnolotti. I «ritocchini» insomma non sono da meno del rimboschimento che sta cambiando tutto. In 100 anni siamo passati da 3,6 milioni di ettari a 10 milioni, la diversità biologica si è ridotta del 70 per cento. Non dimentichiamo che a Cardoso, nell’Alta Versilia, il 90 per cento delle frane del 1996 ha interessato terreni di castagnai abbandonati, è l’allarme di Agnolotti, che fare dunque? Tornare al giroapoggio? Speriamo non accada mai, ribatte Giovanni Ricasoli, Presidente del Consorzio del Chianti Classico. C’è un esperimento di nuovi impianti girapoggi curato dall’Autorità di bacin dell’Arno, dice l’assessore all’Ambiente Tommaso Franci che ha portato il saluto ai congressisti. Un esperimento destinato a restare tale: il girapoggio è più bello ma nessuno reimpianta più vigneti del genere perché non è sostenibile economicamente - aggiunge - v’immaginate vendere una bottiglia a 30 euro solo perché è stata fatta con i filari tra gli olivi? Forse i finanziamenti pubblici potrebbero essere utilizzati diversamente? Forse. Ma la stessa Regione, che pure figura tra gli organizzatori del convegno non può tirarsi indietro. I finanziamenti per i vigneti non si pongono questi problemi, offrono solo un tot ad ettaro e basta - dice Ricasoli Ridolfi - solo 7.500 euro contro i 50 mila necessari. Come dire, troppo caro l’antico paesaggio.

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