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La Repubblica / Viaggi

Libri per partire ... Se il brindisi si fa in tre... Dalle viti dell’Iliade ai bestiari di Bertall alle umili
e sincere strade del Barbera. Per cominciare l’anno che verrà se non lucidi almeno consapevoli... Prima che lo trasformassero in un piacere complicato, fatto di cose che si chiamano wine bar e sommelier improvvisati, di menù chilometrici e disarmanti, di riti caricaturali, osterie più care di ristoranti stellati, era una cosa seria il vino. Così seria che, a seguire il tracciato storico di Paolo Nencini in “Ubriachezza e sobrietà nel mondo antico”, ha sempre camminato accanto all’uomo. Sempre in Palestina, a Creta, a Cipro, nella civiltà di Micene, lungo le coste di quella che non era ancora Magna Grecia né tantomeno Italia. In poche parole, nel Mediterraneo: terre unite dall’acqua e dal vino. Ma visto che l’uomo è animale simbolico, nei brindisi delle feste anche se nascosto, impolverato, annacquato, in quel bicchiere di vino si può ancora scorgere l’eco di memorie perse nelle pieghe più cicatrizzate della nostra corteccia cerebrale. L’euforia maieutica dei banchetti platonici, gli scudi achei con le viti intrecciati dell’Iliade, la sonnolenza alcolica e fatale di Polifemo, la furia delle baccanti di Dioniso, il senso del limite che separa attraverso la linea dell’ebbrezza, ciò che era razionale da ciò che era selvaggio, il logos dall’hybris, la polis dalla natura, Apollo da Dioniso, i due dei che si contendono l’uomo. Impossibile non trovare in questa storia dell’antichità del bere il legame profondo tra il vino e la metafisica. Un filo rosso sangue attraversa il tempo e passa dai miti greci che fanno risalire la nascita della vite a Sirio, alla sapienza orgiastica dionisiaca e romana fino al rito più sacro dei cristiani. Tutto questo a voler prendere le cose sul serio. Se invece si vuole semplicemente alzare un bicchiere senza troppe implicazioni, ecco un libello ottocentesco del grande illustratore Bertall, “L’arte di bere bene”. Bertall, collaboratore di Balzac, disegnò 85 tavole sul tema del vino e dei suoi effetti traendone un bestiario e un manualetto con vari consigli pratici e massime filosofiche come i rimedi post-sbornia oppure frasi come “il vino è amico dell’uomo, ma in questa amicizia, come in molte altre, non bisogna abbandonarsi con estrema fiducia”. Qui siamo molto più vicini a Rabelais che a Platone. A voler essere metodici invece si è sempre in tempo. Tanto che Paolo Massobrio ha scritto “I giorni del vino”: sono 365 bottiglie, una per ogni giorno dell’anno, comprese le feste comandate. Per l’ultimo dell’anno consiglia di abolire il rito del botto del tappo e di associare il vino alla persona che si bacerà. Vin santo Albarola dice. Per il primo dell’anno, Barbera. Ma sì, cosa c’è di più rassicurante che affrontare il nuovo anno con un vecchio, umile ma robusto compagno di strada?


Ubriachezza e sobrietà nel mondo antico

Paolo Nencini, Muzzio editore, 334 pagine, 22 euro


L’arte di bere bene

Bertall, Robin Edizioni, 138 pagine, 10 euro.


I giorni del vino

Paolo Massobrio, Einaudi, 452 pagine, 17,50 euro

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