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La Repubblica / Viaggi

Lione ... Il volto austero della Francia tra seta, vini e muri d’autore... L’ambizione molto francese di distinguersi dal resto degli europei trova una sua espressione composta e discreta in questa città
“acquatica”. Lontana dal mare, ma bagnata da due grandi fiumi, al primo impatto appare difficile da
conquistare, sobria e severa com’è. Il sentimento che la capitale dei Galli, dei “bouchon”, dei
“traboule” e dell’antica festa della luce - da centoquarantotto anni si celebra ogni dicembre con un tripudio di luminarie - desidera suscitare è molto simile alla soggezione, capace di far scattare la solita “trappola” nella quale noi italiani cadiamo a volte di fronte a quel modo di essere “francese”. Soggezione che non si stempera neanche quando il tassista fa la battuta, ridanciana e scontata, secondo la quale qui in realtà i fiumi sono tre, per via del Beaujolais che vi scorre. Lione si avvicina lentamente lungo la strada dell’aeroporto Saint-Exupéry, lo scrittore, poeta e aviatore nato qui, al quale lo scalo è dedicato, con la sua attigua stazione ferroviaria per i Tgv, disegnata da Calatrava. Nessuna emozione improvvisa, nessun ammiccamento chiassoso. Semmai, l’invito ad apprezzare e gustare ogni spicchio della città con calma, come se l’invito fosse pronunciato da una signora discreta, austera, bellissima ed elegante come le facciate dei suoi palazzi lungo il Rodano e la Saone, come le atmosfere dei suoi famosi ristoranti, come il calore dei suoi vini o il sapore delle prelibatezze create dagli chef, cresciuti tra i fornelli di Paul Bocuse, l’ultraottantenne “mago” della cucina, celebrato in tutto il mondo, nato a Collonges-au-Mont-d’Or, otto chilometri a nord da qui...

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