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La Repubblica

Donnafugata, notti di vendemmia tra i filari sotto la luce dei fari per onorare lo Chardonnay:
a Contessa Entellina, in Sicilia, si raccoglie l'uva nelle ore più fresche per ottenere un vino migliore. E si va avanti fino all'alba ...

Il racconto:

L'immagine è tanto definita da sembrare ritoccata, oleografica: una notte di campagna, i profili dei filari da indovinare sotto la luna. Un passo dopo, la luce fortissima di due riflettori schiaccia i contorni di uomini e donne in maglietta bianca, cadenzati e precisi nel ripetere gesti che hanno più di duemila anni: raccolgono l'uva, la mettono nei cesti, caricano il vimini in spalla, si spostano più avanti, una vite dopo l'altra. Prima che i vendemmiatori vengano ingoiati dal buio, il trattore avanza con il suo rumore impudico e i suoi fari enormi: cinque metri più avanti, altri grappoli freschi attendono di essere recisi. Benvenuti nella tenuta di Donnafugata, dove ogni inizio d'agosto, ormai da tre anni, si sceglie di vivere con il tempo dell'altro emisfero: il giorno diventa notte. E la notte si lavora per onorare lo Chardonnay, prima uva a lasciare la vitemadre per diventare vino. Un rito che già i romani conoscevano benissimo, approfittando delle ore più fresche per far arrivare in cantina i grappoli integri, esenti dalle mollezze fatali della calura. Oggi tutto è più facile, grazie ai camion refrigerati, che permettono di abbattere la temperatura dai 36 gradi del solleone ai 1012 della pressatura. Ma l'energia elettrica costa, in termini di soldi e di impatto ambientale, anche se per Natale sarà pronto l'impianto a energia solare capace di coprire oltre il 30% dell'elettricità consumata in azienda.
Così, la terra del «Gattopardo» per due, tre settimane diventa un po' Australia e un po' California. Con una differenza straordinaria: non le macchine a scuotere i filari per staccare i grappoli, ma le cesoie e le mani. Ritualità che significa acini intatti e nessuna foglia intrusa a inquinarne la grazia. Durante il giorno, si dorme, lasciando che il sole operi gli ultimi, felici ritocchi in dolcezza e profumi. Al tramonto, si cena in nome della tradizione: parmigiana di melanzane, pomodori secchi sott'olio, peperoni in salsa coi pinoli, olio da battezzare col pane cotto in casa. E un paio di bicchieri di vino, tanto per entrare in argomento. Poi si va in vigna. L'altra sera, il rituale è stato spezzato dagli ondeggiamenti evocativi e sensuali dell'algerina Sabah Benziadi, la stessa danzatrice del ventre che due sere prima, alla cena di gala per la creazione della riserva marina di Pantelleria, aveva ammaliato Franco Battiato. Sorrideva, il maestro, tentato dall'idea di inserire i gesti e il calore di Sabah nelle tappe del tour che sta punteggiando la sua estate. Sorrideva e diceva: «Spero cena e concerti aiutino a costituire la riserva. Una cosa è certa: qui si beve benissimo». In vigna, invece, non si beve e non si parla. Certo, tutto un po' meno gravoso quando si può lavorare lontani dai 36 gradi che seccano la gola e ti coprono di sudore quando ancora la fine del primo filare è lontanissima. Ma è duro arrivare fino all'alba, quando si stacca, mentre già le presse stanno facendo il loro lavoro, con una voglia infinita di lavarsi e dormire. Solo più avanti, quando il sole morderà meno, quando verrà il tempo del Nero d'Avola, si tornerà a raccogliere di giorno, pronti a realizzare la magia del «Mille e una notte». Un vino che si porta addosso spezie e misteri, insieme ai profumi di una terra capace di insegnare al mondo l'arte sensuale della vendemmia notturna.

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