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La Repubblica

Un Natale da golosi raffinati … C´era una volta il cesto di Natale. Regalo legato come pochissimi altri al prestigio del destinatario: dalle casse di Champagne per primari e avvocati, fino al panettone a buon mercato per l´anziano vicino di casa che si prende cura delle piante di casa durante le vacanze. Sempre o quasi omaggi senza fantasia, gesti formali pochissimo pensati. In fondo, vini e dolci piacciono a tutti: non c´è bisogno di conoscere gusti e preferenze di chi riceve il pacco, per adempiere al tradizionale obbligo del dono di fine anno.
Ma il nuovissimo mix di crisi economica e nuovo costume alimentare ha rivoluzionato il concetto stesso di regalo-food: pensatissimo, rivolto agli amici più cari, risultato di ricerche puntigliose e appassionate. Del resto, le analisi sociologiche di questo tribolato inizio di millennio segnalano tutte uno spostamento netto delle spese «frivole» verso il settore alimentare: proprio perché andare a far la spesa diventa un esercizio sempre più pesante per il portafogli, regalare cibo rappresenta un segno di affetto e attenzione. Ma quale cibo?
I regali tradizionalmente considerati di lusso sono luccicanti ma asettici. Certo, omaggiando del Brunello '97 di Castello Banfi (terzo nella Top100 di «Wine Spectator») o del caviale Beluga non si sbaglia mai: però, il popolo dei gastrocolti ha trovato strade diverse da percorrere. A cominciare da quella tracciata da Slow Food con i suoi presìdi, italiani ed esteri: alzi la mano chi non sarebbe felice di trovare sotto l´albero addobbato un culatello di Zibello stagionato a dovere, una forma di Ragusano (rigorosamente a latte crudo), una latta di acciughe di Monterosso, una vaso di miele d´alta montagna.
Il recupero delle produzioni alimentari d´antàn si sta traducendo in un nuovo modo di vivere la campagna e l´artigianato gourmand. Così, sempre più spesso i ragazzi che solo dieci anni fa avrebbero ripudiato l´azienda - spesso a dimensione familiare - travolti dalla voglia di rampantismo metropolitano, oggi si vantano del loro status di contadini, torrefattori, casari. È il caso delle «Fondamenta del gusto», associazione che raggruppa dodici piccoli produttori di prelibatezze culinarie, dai capperi raccolti a mano ai crus di caffè. I loro cesti natalizi, sono tra i più golosi e «colti» in circolazione: leccornìe da gustare e raccontare, forti di una «filiera di produzione» rigorosa, che si parli della soave pastiera di Antonio Di Ciaccio, appassionato pasticcere di Gaeta, o dei risi selvaggi (nero di Venere e rosso) di Michele Perinotti.
Ma il confine fra tradizione e trasgressione è davvero labile. Stanchi delle abusate confezioni di salmone affumicato (troppo spesso con aromi chimici), comprate una bella confezione natalizia di birra e cioccolato. Anzi due. Scartatene la prima, fate sciogliere in bocca una pralina ripiena di zenzero candito creata dal cioccolatiere torinese Guido Gobino e beveteci sopra un sorso di birra Nora Baladìn, più o meno la stessa che amavano i faraoni, secondo la ricetta con mirra e zenzero recuperata dal cuneese Teo Musso. Dopo, decidete se l´amico di turno merita un omaggio tanto insolitamente goloso. Altrimenti, aprite anche la seconda e regalatevi un personalissimo Natale di totale, gastronomico godimento.

Vini - Teroldego batte Merlot torna la tradizione … La rivincita della tradizione, dopo il dominio dei vitigni internazionali. Il Teroldego Rotaliano di Elisabetta Foradori, Barbera e Nebbiolo di Roberto Voerzio, il Nero d´Avola di Wolfango Jezek e l´Aglianico di Luigi Maffini, il Lagrein dell´Abbazia Muri-Gries e il Negroamaro di Conti Zecca. (arretrato - "La Repubblica" dell'11 dicembre 2002)

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