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La Repubblica

Piccola cantina vuol dire qualità ecco il futuro del vino made in Italy. A Verona si discute di sicurezza e concorrenza. Per battere il sud del mondo si deve investire sulla buona produzione. "Bere meno, bere meglio": e un´azienda mette in vendita l´etilometro tascabile ... Una nicchia ci salverà. Almeno a livello enologico. A sancirlo, nel secondo giorno del Vinitaly, la ricerca realizzata da Nomisma con il patrocinio di Veronafiere. Perché se è vero che consumiamo più o meno i tre quarti di quanto produciamo (quasi cinque milioni di tonnellate), l´esportazione rappresenta una cifra importante nella nostra bilancia commerciale. E adesso che i paesi del sud del mondo hanno invaso il mercato con le loro bottiglie, ci chiediamo se riusciremo a mantenere il ruolo di leader a stretto contatto di gomito con la Francia.
Così, è confortante scoprire una volta di più che piccolo è bello. E redditizio. A patto che il profilo resti alto, che non ci si illuda di scambiare quantità e qualità, che non si obblighi a comprare, insieme alla bottiglia supergriffata, un´altra mezza dozzina di bottiglie mediocri. Lo slogan: «Bere meno, bere meglio», del resto, non ha solo una valenza qualitativa. L´azienda padovana «Imo», infatti, ha appena messo in vendita un etilometro tascabile: con un investimento iniziale di 60 euro e la taratura sul proprio alito (da fare a digiuno) in pochi secondi sapremo se abbiamo superato la soglia oltre la quale non ci si può mettere al volante.
La sicurezza misurata fuori dalla bottiglia, allora, ma anche dentro. Perché l´altra parte della globalizzazione, quella etica, sta mettendo paletti importanti in vigna e in cantina. Il dato nuovo riguarda l´esistenza di un numero sempre più ampio di aziende che produce secondo metodiche naturali, pur senza farsi certificare dagli enti del biologico. «Lavorare in maniera rispettosa della natura è un fatto etico, ma anche di qualità», spiegano. Se fino a ieri, infatti, l´assenza della chimica tossica si pagava sul piano della bontà, oggi la tendenza è invertita. Seguaci del guru francese del vino biodinamico Nicholas Joly, molti giovani produttori hanno detto basta alla solforosa, che assicura una lunga conservazione, ma regala mal di testa e allergie. I vini bio stanno sotto la soglia dei 50 grammi per litro, contro i 210 permessi. In quanto agli antiparassitari, il Mancozeb, cancerogeno multipotente, dimostrato sperimentalmente e denunciato su «Lancet» dalla fondazione Ramazzini, è ancora consigliato in quasi tutti i protocolli di disinfezione delle vigne. Il tutto, senza dimenticare il mai sanato scandalo dei reimpianti. L´Unione Europea, infatti, ha fissato un tetto al numero di viti presenti, ma non al loro posizionamento. Fin troppo facile, allora, espiantare, per esempio, del Trebbiano dalla campagna emiliana per piantare del Nebbiolo in Piemonte, anche in zone pochissimo o per nulla vocate alla produzione di vino di qualità: provare per credere, con certi Baroli della nuova ondata...
Parlando di etica di produzione, all´estero non va molto meglio, se è vero che in molti, troppi paesi del nuovo mondo, America latina in testa, il costo della manodopera è abbattutto grazie allo sfruttamento minorile. Pretendere etichette più veritiere e rigorose, come chiede da tempo lo Slow Food - significa poter scegliere, e premiare, aziende e marchi capaci di produrre associando etica, qualità e salubrità. I vini doc come i palloni da football pakistani, insomma. Per evitare che i brindisi ci lascino l´amaro in bocca. E non solo per la qualità delle uve.

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