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La Repubblica

Cibi e vini, Sos per i gioielli d´Italia scatta l´allarme "falsi e imitazioni": l´Unione Europea ha proposto la modifica di un regolamento che protegge le denominazioni dei nostri prodotti. Le nuove norme potrebbero davvero insidiare il "made in Italy" ... Una vendemmia a quattro stelle, eccellente se non proprio superlativa: comunque appagante, dopo la pessima annata 2002. Eppure, nel giorno in cui il Brunello di Montalcino celebra se stesso e la propria forza ritrovata (+8% nelle esportazioni Usa), i produttori tremano per il futuro delle proprie etichette. Che la Commissione Europea vorrebbe rendere accessibili un po´ a tutti, fuori dal Vecchio Continente, aprendo la porta a Brunelli neozelandesi, ma anche Morellini cileni, Amaroni australiani, Vinsanti di chissadove.
Due settimane fa l´esecutivo di Bruxelles ha proposto la modifica al regolamento numero 753/02 che «blinda» le denominazioni tradizionali dei nostri gioielli in bottiglia. Protetti, è vero, da Doc, Docg e Igt, ma solo all´interno dell´Ue. Perché tanto accanimento? Semplice: i mercati del Nuovo Mondo abbisognano di sbocchi importanti, e l´Europa raccoglie la stragrande maggioranza di enoappassionati. In più, la mancanza di disciplinari di produzione rigorosi comprime i costi, tanto che più di un´azienda italiana ha abbandonato l´acquisto di vini «da taglio» dal sud - dove peraltro negli ultimi anni la qualità è aumentata in maniera esponenziale - per sposare la causa dei vini cileni, importati in migliaia di ettolitri a qualche decimo di euro al litro, imbottigliati, etichettati e distribuiti come italiani. Un commercio che l´Unione Europea vede con favore, anche per rispedire al mittente le accuse di protezionismo, alibi funzionale al naufragio dell´ultimo vertice del Wto, a Cancun.
Del resto, la cultura del particolare, che tanto ci appartiene, è poco diffusa dall´altra parte del mondo: così, se il Barolo viene realizzato con uve Nebbiolo di una manciata di vigne coltivate in un fazzoletto di terra intorno al paese che lo battezza, il vino-cult australiano «Grange», della Penfolds, è ottenuto da uve Sirah selezionate dalle vigne di proprietà sparse nell´intero Paese. Allo stesso modo, se i vignaioli migliori «diradano» i grappoli per concentrare al massimo gli aromi, e obbligano al contempo le viti a dissetarsi approfondendo le radici, in California la maggior parte dei produttori esibisce viti superirrigate, con quantità di acini grandi come pollici, lasciando agli enologi il compito di «costruire» il vino in cantina.
Discorso analogo per salumi e formaggi. Un esempio su tutti, quello del consorzio del Parmigiano Reggiano, che dal 1990 (anno di registrazione del marchio) a oggi, ha speso oltre un milione di euro in cause per contraffazione. Difficile scommettere sulla vittoria di barolisti & Co: ma se tra due anni l´intero fatturato dell´industria alimentare italiana sarà pari a quello delle sue imitazioni, avremo smarrito molto più che l´orgoglio delle nostre etichette. E un panino con il Cambozola innaffiato da un bicchiere di Barbera californiana «Cà di solo» ce lo ricorderà in eterno.

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