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La Repubblica

Signori del vino, è resa dei conti. Zonin: abbassare i prezzi. Gaja: no, il piacere ha un costo. L´imprenditore veneto chiede a Berlusconi di dimezzare l´Iva: "È un alimento come gli altri". Il produttore piemontese si oppone: "È un bene di lusso". Uno scontro di filosofie e di miliardi, l´Italia è il primo paese esportatore al mondo ... Non sussurri ma sussulti e grida dal mondo del vino italiano, che come è noto non vive uno dei suoi momenti migliori pur avendo beneficiato di parecchi anni d´oro in termini di fatturati, utili e qualità. Ha suscitato particolare clamore nei giorni scorsi la lettera che Gianni Zonin (che in ordine di fatturato è il terzo produttore "singolo", cioè non associato o in cooperativa con altri, con 80 milioni di fatturato annuo, preceduto da Antinori con 110 e da Gancia con 98) ha scritto a Berlusconi chiedendo di ridurre dal 20 al 10 per cento l´Iva sul vino, «per rilanciare il comparto e allentare la stretta dei consumi che colpisce un "alimento", e non un "prodotto di lusso", sul quale grava un´Iva del 20 per cento, mentre gli altri alimenti tipici italiani (pane, olio, latte, frutta, verdura) scontano un´imposta del 4 per cento». Uno sforzo possibile, secondo Gianni Zonin, per «un atto di giustizia semplice e concreto nei confronti del vino e dei viticoltori italiani, utile a salvare dalla crisi un intero settore». I conti infatti tornano, sottolinea Zonin, se si considera che il fatturato del settore ammonta a 10.000 miliardi delle vecchie lire e quindi l´imposta equivarrebbe a una riduzione del gettito di 1.000 miliardi.
Nero su bianco, durissima, la risposta di Angelo Gaja, il vitivinicultore italiano più famoso del mondo. «Da qualche decennio ormai il vino non può più essere considerato un alimento», è ormai diffusa e consolidata la convinzione che si tratti di una «bevanda edonistica» e anzi è proprio «una bevanda voluttuaria, non strettamente indispensabile, che tende ad assumere i connotati di un bene di lusso; soprattutto i cosiddetti premium wine, quelli che in Italia si vendono a più di tre euro la bottiglia, una categoria ampia di vini, quindi, che giustificano un valore aggiunto più elevato, vendendo assieme alla qualità anche "l´immaginario", "il territorio", "la doc", "la storia", "il prestigio", "la rarità", "l´originalità" del produttore eccetera». Ed è sui premium wine, sostiene Gaja, e non sui vini da tavola che si giocherà il futuro del vino italiano. «Che senso ha - aggiunge - invocare la riduzione Iva perché il mercato è in sofferenza? Anche altri mercati sono in sofferenza (auto, abbigliamento?): tutti a chiedere la riduzione dell´Iva? Si chiede la riduzione dell´Iva per abbassare il prezzo del vino e ridare slancio ai consumi? Ma a questo provvede già il mercato, i prezzi del vino sfuso sono in forte flessione ovunque in Italia». E conclude: «Una riduzione dell´Iva sul vino renderebbe il vino da tavola la bevanda alcolica più economica: per chi volesse abusare, il vino da tavola offrirebbe l´alcool al prezzo più basso. Prevedibile l´opposizione più ferma dai molti nemici che il vino, purtroppo, già ha in Italia». Quasi scontata la spaccatura fra i produttori: la linea di demarcazione si pone tra chi fa grandi numeri, quelli considerati gli industriali del vino, e le aziende agricole, con una gamma e una quantità di prodotti che si collocano nella quasi totalità fra i premium wine. In ogni caso, si attende una qualche risposta da parte del Governo. Ad agitare ulteriormente le acque, il colpo di scena di ieri, nella riunione del Consiglio dell´Unione Italiana Vini dove era all´ordine del giorno, e pareva scontata, la conferma alla presidenza di Ezio Rivella. Su proposta, dai più giudicata a sorpresa, di Gianni Zonin è stato eletto invece Andrea Sartori, dell´omonima azienda agricola di Negrar, in provincia di Verona. Toni accesi, votazione che ha spaccato in due il Consiglio (17 voti per Sartori, 16 per Rivella), dimissioni annunciate di alcuni dei più illustri nomi del vino italiano. Ma le difficoltà dei mercati, che più o meno toccano tutti, fanno emergere altre vistose divergenze tra produttori sulle strategie anticrisi.

Il parere - Il produttore Maurizio Zanella: "Solo al nostro settore lo Stato chiede tanto"

Maurizio Zanella, fondatore dell´azienda agricola Cà del Bosco, ha dedicato la sua vita a produrre in Franciacorta spumanti che potessero competere con gli champagne francesi. «Sono d´accordo con Zonin - dice - Non vedo perché se tutti gli altri prodotti della terra, che risentono in misura decisiva dei fattori meteorologici e ambientali, hanno un´Iva al 4 per cento, il vino debba avere il 20; una diminuzione è opportuna anche se forse non proprio sino al 4 per cento».Quindi anche secondo lei il vino, tutto il vino, dalle sue pregiatissime bollicine allo sfuso, è un "alimento" e non un "piacere"?«No, evidentemente no, tant´è vero che la politica della mia azienda ha sempre puntato all´alta qualità e all´alto profilo dell´immagine. Però vorrei farne anche una questione di principio: non siamo industriali, non siamo commercianti, i risultati delle nostre aziende dipendono in buona misura dal Padreterno, lavoriamo in condizioni totalmente differenti da quelle degli altri settori produttivi. Non si può non tenerne conto. Anche se, naturalmente, non è con un ritocco dell´Iva che si risolvono i problemi della filiera del vino». Si aspetta una risposta positiva dal governo?«Sì, nella misura in cui si prenderà almeno coscienza che l´agricoltura va trattata con occhio e cure di riguardo».

Il parere - L´imprenditore Marco Caprai "Servono idee nuove non assistenzialismo"

Marco Caprai guida in Umbria l´azienda fondata da padre Arnaldo. Se il governo accogliesse la richiesta di ridurre l´Iva sul vino, sarebbe un fatto positivo?«Forse positivo come segnale d´attenzione per il settore e per il patrimonio che rappresenta. Ma sul piano pratico e soprattutto per la bottiglia sulla quale si è costruita l´immagine alta del vino italiano, gli effetti sarebbero pressoché irrilevanti. In realtà i problemi di cui soffre la filiera sono tanti e sono anche differenti secondo le caratteristiche, le dimensioni, gli obiettivi delle aziende. Non credo che abbia senso cominciare ad agire sulla leva fiscale, oltretutto con misure di respiro limitato». Però, meglio che niente, un po´ di Iva in meno una mano la darebbe. «Ripeto, sono sempre più convinto che la complessità dei problemi richieda uno sforzo corale, di iniziative, di imprenditorialità, sulla promozione, sulla commercializzazione. Non dobbiamo chiedere interventi assistenziali, ma dobbiamo noi stessi essere i primi a proporre progetti organici. Mi preoccupa la carenza, il vuoto di progettualità, soprattutto nella formazione degli addetti al mondo del vino, nei vari profili, dai sommelier agli uomini di marketing ai cuochi, che negli anni prossimi avranno un ruolo decisivo nella promozione del vino italiano nel mondo».

L’enologia italiana

800 milioni di euro il giro d’affari in Italia del mondo del vino

44,9 milioni di ettolitri la produzione della vendemmia 2003

800.000 le aziende vitivinicole

50 miliardi di euro il valore dell’intero patrimonio della filiera

+ 10% la previsione per la vendemmia 2004

1,2 milioni gli occupati che sono riconducibili al vino

La produzione italiana rappresenta il 21% della produzione mondiale ed il 34% di quella dell’Unione Europea

58 litri il consumo medio

La piramide del vino: 3 milioni di ettolitri docg, 9 milioni di ettolitri doc, 15 milioni di ettolitri vino da tavola, 18 milioni da tavola Igt

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