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La Repubblica

Una vecchia cascina nelle Langhe così resiste la bottega del contadino... Perfino gli astemi sono stati in qualche modo toccati dalla stagione ruggente vissuta negli ultimi anni dal vino italiano. Che ai suoi antichi meriti ha visto sommarsi, nel bene e nel male, l´impetuosa mutazione suggerita, o imposta, dalla fenomenologia della griffe: alta qualità ma anche quel tanto di pretenzioso e modaiolo che spesso deforma i piaceri fino a farne doveri mondani.
A chi scrive è capitato, in breve arco di tempo, di visitare due cantine che si pongono esattamente ai due opposti della cultura del vino. La prima, sbalorditiva per la magnificenza architettonica ma quasi intimidatoria per dimensioni e classe, è quella di Angelo Gaia a Bolgheri, enorme bolla di silenziosi vuoti e spazi solenni mimetizzata tra ulivi e cipressi toscani. Quasi una galleria d´arte moderna, dove l´infinito underground delle botti rimanda a un´installazione potente e accecante, un pacifico esercito di legni allineati a perdita d´occhio, e i macchinari d´eccellenza a fare corona in un ordine metafisico.
La seconda, arroccata in cima ai bricchi delle Langhe, sopra Monforte d´Alba, è quella, intima e bellissima, di Flavio Roddolo, vignaiolo di punta delle terre di Barolo, uno di quei produttori medio-piccoli che è riuscito a sfondare nelle hit-parades rimanendo, nella sostanza e anche nella forma, un contadino piemontese. La cantina di Roddolo è anche la sua casa, una vecchia cascina sommitale di quelle che non finiscono nei dèpliant delle immobiliari per gli stranieri ricchi, tanto austeri e semplici sono i suoi muri di mattone intonacato. Gli spazi della vita e quelli del lavoro, nella casa di Roddolo, sono così addossati che non è facile distinguerli. Le cose del vino, botti, attrezzi, tini, bottiglie, macchine, sono stipate in uno spazio logico ma minimo, nel quale ci si muove come in ogni bottega artigiana, facendo attenzione a non ingombrare e non urtare, con un rispetto simmetrico ma opposto a quello che suscita la cantina toscana di Gaia: se là ci si addentra attoniti per la grandezza (del marchio, della fama mondiale, dell´immenso show-room degno di una delle massime case di moda), qui ci si muove emozionati dalla misura domestica del tutto, avvertendo ovunque l´ordine cocciuto e sapiente del padrone di casa, ospiti di un savoir-faire insieme umile e magistrale, così ordinario per lo sguardo, così straordinario per i risultati.
La cantina di Roddolo assomiglia a quelle dell´infanzia, dell´iconografia contadina prima del boom del "mangiare bene". Solo che da molte di quelle cantine, quando vigeva il mito del "vino genuino del contadino", usciva un vinaccio rozzo e spesso pessimo, buono per accontentare le famiglie in gita fuori-porta. Qui, in cima a uno dei tanti crinali langaroli spettacolosamente incorniciati dalle Alpi, il lavoro dei padri e dei nonni ha invece generato, senza mutare più di tanto l´antropologia e il paesaggio, una qualità altissima, che concilia l´antica e radicale idea del vino come prodotto strettamente territoriale con una raffinatezza produttiva di livello mondiale. Internazionale.
Il genius loci è percepibile a colpo d´occhio. La vigna è tutto attorno, scende tranquilla lungo i fianchi argillosi dei colli fino a lambire i roveti e i boschetti di fondovalle. Le piante sono di Roddolo filare per filare e una per una, è un possesso fisico prima che catastale, un conoscere ogni ristagno d´umidità e ogni minuta variazione dovuta all´esposizione solare. La casa del vignaiolo è come il ragno al centro della sua tela, ne domina e ne controlla ogni diramazione, passa ogni stagione a verificare lo stato delle cose, a rinsaldare i filari, sostituire le piante troppo vecchie e isterilite, avvedersi per tempo delle possibili malattie, dello sfinimento di qualche pianta.
Ci si sente, nella casa-cantina di Roddolo, dentro un gioco impeccabile, regole antiche vivificate da uno spirito moderno, attento al mondo. Flavio Roddolo viaggia poco e solo per ragioni commerciali, a Milano preferisce andarci accompagnato da qualche amico per non spaesarsi, eppure il suo barolo è citato nelle riviste importanti, appoggiate su tavoli molto disegnati di case molto arredate. Nemmeno un dettaglio, né in casa né in cantina, denuncia pretese "estetiche", che rivelino l´approdo del vignaiolo nel mondo molto glamour della sua clientela. Fuori la tramontana di gennaio picchia sugli angoli del cascinale, ma i tralci di nebiolo riposano al riparo dentro le anse tiepide della collina. (arretrato dell'8 gennaio 2006)

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