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La Repubblica

E poi ci sono le truffe “normali” ... Niente di nuovo, la contraffazione delle bottiglie di vino d’alta qualità e di alto prezzo non è fenomeno di oggi, lo sanno tutti gli appassionati. La novità, se di novità si può parlare, sta nel fatto che la globalizzazione del mercato e l’ingresso di un gran numero di nuovi operatori commerciali spregiudicati, da un lato e di nuovi ricchi spesso sprovveduti, dall’altro, moltiplica la domanda e di conseguenza la dimensione e la frequenza delle falsificazioni.
E comunque c’è falso e falso. E’ vero che fa notizia la scoperta di un certo numero di bottiglie di Sassicaia che non è Sassicaia, così come è più volte capitato a vini d’annata ben più rari e costosi. Ma non è affatto meno grave, anzi, il fenomeno di bottiglie di vini buoni, semplici e onesti, come un Chianti Classico o una Falanghina, che non contengono il vino promesso in etichetta. Per non dire dei falsi «normali», di tutti i giorni e di tutte le vendemmie, di vini a denominazione d’origine controllata che vengono «corretti» con mosti o vini provenienti da altre regioni, con un traffico clamoroso di autobotti svolto sotto gli occhi di tutti ma per il quale raramente vengono alla luce del sole i nomi e i marchi dei produttori disonesti.
Questa è la frode vera che colpisce la stragrande maggioranza dei consumatori. Quanto alla contraffazione delle bottiglie di pregio, viene da dire: “Peggio per chi le acquista”. Ricorda Giorgio Pinchiorri, proprietario di quella che è senza discussione la miglior cantina d’Italia, che “a tutti può capitare e a me è capitato spesso, di vedersi offrire bottiglie importanti da privati a prezzi apparentemente allettanti: ebbene, meglio non fidarsi se non si riesce a ricostruire esattamente il percorso della bottiglia dal produttore a colui che la vende.
L’ho imparato a mie spese con bottiglie di Pétrus, di Romanée Conti, di Le Pin, di Montrachet e anche di Sassicaia ed è tremendo quando, pur in totale buonafede, ti accorgi del falso davanti al cliente”. Non si chiama “incauto acquisto”? Quanto all’idea delle etichette col microchip (chi si farebbe carico di “leggerli” in giro per il mondo, ogni enoteca, ogni ristorante, ogni supermercato, ogni consumatore dotati di scanner?), sembra una boutade che avrebbe il solo risultato di far crescere il prezzo della bottiglia. (arretrato de La Repubblica dell'11 agosto 2006)
Autore: Enzo Vizzari

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