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La Repubblica

Cucina del chiostro ... Quel che passa il convento... Ora, labora... et ede; prega, lavora e mangia. L’estensione del precetto di San Benedetto è fondamentale nella vita di molti monasteri, se è vero, come diceva Santa Teresa d’Avila, che «quando il corpo sta bene l’anima canta». Semplice, genuina e tradizionalissima, la cucina del chiostro rappresenta la summa della cucina casalinga, moltiplicata per il numero dei monaci, impreziosita da piccoli grandi dettagli, a partire dall’orto. Conventi e monasteri ne vantano di bellissimi, veri giardini di verdura, spesso vissuti come luoghi di meditazione e raccoglimento. Ogni gesto - dalla semina alla raccolta - nei precetti dei padri fondatori ha una fortissima valenza di omaggio e ringraziamento, che si traduce in pratiche di agricoltura virtuosa. Niente chimica, niente coltivazioni intensive, rispetto dei ritmi della natura. Dagli orti, i frati cucinieri ricavano gli ingredienti di zuppe, frittate, sughi, contorni; i frutti vanno ad alimentare torte e macedonie.
Per restare nei limiti del precetto senza mortificarsi, si adottano piccoli trucchi squisiti, come nel caso delle fritture. È nato così il tempura, apparentemente importato dalla gastronomia giapponese, e invece inventato nei monasteri medievali durante i tempora, ovvero i tempi di penitenza (Quaresima). Il resto della produzione viene trasformato in confetture, composte, gelatine, sottoli e sottaceti, che riempiono gli scaffali della dispensa, dello spaccio interno o dei negozi che li comprano in esclusiva. Ma dentro questi piccoli antri di gastronomia benedetta c’è molto di più. Ben lo raccontano due documentari - Storie di clausura e Storie di dolci - realizzati da Piero Canizzaro e inonda nei prossimi giorni su Rai Tre: storie di povertà e redenzione, di sublimazione e riscatto. Le monache benedettine di Monte San Martino, per esempio, svelano che i pasti sono un momento di comunione, una liturgia «per rendere lode al Signore».
Cibo e preghiera vengono vissuti come strumenti che consentono di star bene e di trasmettere un messaggio positivo agli altri. Ma ci sono anche racconti di ribellione, come quello di Maria Grammatico, affidata bambina alle suore e vissuta vent’anni nel convento di clausura di San Carlo di Erice, Sicilia, gestito da monache custodi gelosissime di antiche ricette di pasticceria di alto livello. Maria - che oggi ha 67 anni - negli anni riuscì a impossessarsi di tanto sapere dolciario. Una volta lasciato il convento e aperto un piccolo laboratorio autonomo, cominciò a sfornare cannoli e cassatine. Una scelta felicissima, se è vero che ormai l’Antica pasticceria del convento manda cabaret dei suoi dolcetti in tutto il mondo. Dolci e non solo. Dallo straordinario formaggio Munster (monastero) alsaziano al prezioso miele di girasole, chiostri e conventi regalano vere prelibatezze senza limiti tra dolce e salato. Su tutte, regnano incontrastati gli alcolici. Dura nel tempo il mito dei Mastri birrai trappisti, seguaci dell’abate cistercense francese La Trappe (1600). Quattrocento anni dopo, sette monasteri (sei in Belgio e uno in Olanda) continuano a regalarci bionde, rosse e scure di grandissimo valore. Altra delizia, la mitica Chartreuse liquore raffinatissimo preparato alla Grande Chartreuse, nei pressi di Grenoble. Merito primario dei monaci benedettini, al seguito delle armate cristiane in Terra Santa, che a suo tempo avevano carpito dai manoscritti arabi i segreti della distillazione.
Non vi basta? Comprate la Guida ai monasteri d’Italia (di Tarallo e Grasselli) e regalatevi un week end spiritual-gastronomico. Oltre a monasteri che offrono ospitalità spartana e pasti semplici, l’Italia abbonda di monasteri trasformati in veri tempi gourmand e locande di lusso, dalla Frateria di Padre Eligio in giù. Ma non vi illudete: dopo l’Elisir del Frate chiudi-pasto, la preghiera di ringraziamento è d’obbligo.

I monaci...
Il merito dei monaci nell’evoluzione della gastronomia del mondo è grande. Un nome su tutti: Dom Perignon, il frate che cercando di imprigionare le bollicine dei vini rifermentati nelle bottiglie della sua cantina, inventò lo Champagne...

Le scelte...
Tra le centinaia di monasteri sparsi dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, alcuni offrono ospitalità ai non religiosi (quasi sempre con un’offerta libera). Spesso si distinguono anche per la produzione di “chicche” alimentari. Ecco qualche indirizzo per orientarsi...

Abbazia di Novacella
Fondato nel 1142 dal vescovo di Bressanone Hartmann, il complesso è formato da una chiesa tardobarocca, da un chiostro gotico, dal pozzo del miracoli e da una sontuosa biblioteca. I monaci agostiniani producono ottimi vini bianchi aromatici e una tisana di erbe coltivate nel maso Rauter.
Varna Di Bressanone (Bz)
Via Novacella 1
Tel 0472-838189

Convento dell’Annunciata
Del 1500, divenne santuario mariano, noto per la cura degli appestati nell’epidemia del 1630. Dopo anni di abbandono, i frati Servi di Maria nel 1960 l’hanno riportato all’antica vita religiosa, culturale e artistica. Dalle vigne dei convento, nasce un eccellente Chardonnay di Franciacorta, con l’etichetta Bellavista.
Rovato (Bs)
Piazza Santissima Annunciata 2
Tel 030-7721377

Benedetta Santa Maria del Monte
Monastero sorto nel 1180, ristrutturato a metà del Cinquecento è da sempre nelle mani delle monache benedettine che ne hanno fatto un accogliente centro spirituale con seminari e consulenze psicologiche. Le monache si dedicano con pari perizia alla produzione di vino, olio, distillati, oltre ai tradizionali dolci e ai biscotti regionali.
Bevagna (Pg)
Corso Matteotti 15
Tel 0742-360135...

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