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La Repubblica

Vino, l’ultima frontiera è nera. Il Sudafrica conquista l’Europa ... Verona, parte oggi il Vinitaly. In passerella anche viticultori di colore. Le novità e le tendenze... E venne il momento della viticultura nera. Come a ogni appuntamento, Vinitaly (numero 41, in programma da oggi a lunedì), si porta appresso una corposa scia di novità e tendenze. Quest’anno, la sovrapposizione geografica, sociale e storica è davvero clamorosa, se è vero che per la prima volta, a sfilare sulla passerella della fiera enologica più importante del mondo saranno i viticultori sudafricani neri; in arrivo dalle ex comunità svantaggiate della Provincia di Western Cape in Sud Africa, con presentazioni e degustazioni dei loro vini, guidati dal console a Milano Moloko Leshaba.
Certo, il Sudafrica dei vini gode di stima, mercato e prestigio centenari: non a caso, ieri sera, durante la cena di gala che precede l’inaugurazione della fiera, il premio internazionale Vinitaly 2007 è andato proprio a un produttore sudafricano, Hannes Myburgh, proprietario dell’azienda Meerlust Estate (attiva da fine ‘600), con i suoi prestigiosi tagli bordolesi famosi in tutto il mondo. Ma l’arrivo a Verona di enologi e cantinieri neri - nove le aziende ospitate negli stand dedicati al Sudafrica - fa cadere uno degli ulti mi tabù dell’economia sudafricana, che da sempre ha affidato a vignaioli bianchi la produzione e l’esportazione dei prodotti migliori. Dal cotè socio-vinicolo a quello delle nuove tendenze, i 4.300 espositori del Vinitaly si sono superati per accaparrarsi l’attenzione degli oltre centocinquantamila operatori attesi nei prossimi giorni, in arrivo da un centinaio di Paesi, per degustazioni, menù abbinati, convegni, dibattiti, incontri.
Il tutto, avendo davanti la sagoma, in continua evoluzione, del consumatore ideale, esperto e appassionato. Che un’indagine commissionata negli scorsi mesi da Verona Fiere e realizzata da Eta Meta Research ha definito come un vero e proprio wine-lover, capace di comprare anche trecento bottiglie in un anno, di spendere ben più di cento euro per l’etichetta del cuore e di dedicare al turismo del vino almeno un fine settimana su tre. Sembra l’identikit di un gruppo sparuto, una super-nicchia senza speranze di allargamento, e invece sono dati che riguardano quasi due milioni di goduriosi, con una percentuale femminile in crescita costante. Passaggio successivo, quello del cosiddetto Byow (bring your own wine), ovvero la possibilità di portarsi una bottiglia da casa, pagando al ristorante il servizio (corkfee, tassa del tappo, in inglese). Nato una decina di anni fa in Australia per sollevare i ristoratori dalla gestione di cantine sempre più monumentali e i clienti da ricarichi spesso devastanti, il Byow ha fatto capolino anche sul mercato italiano, nella speranza che, riducendo di molto i costi, per ogni bottiglia “esterna”, un’altra venga scelta al tavolo, Dentro o fuori dalla nuova tribù sociale dei wine lovers, se la scoperta dei vini di Madre Africa vi affascina, sappiate che quest’anno brilleranno per assenza i produttori tanzanesi, nati e cresciuti grazie alla cooperazione internazionale e agli investimenti della fondazione veronese di S. Zeno (santo patrono nativo della Mauritania...). Nessuna crisi della neonata area vinicola: al contrario, i produttori hanno spiegato la mancata presenza con l’esaurimento di tutte le scorte, 100.000 bottiglie, vendute negli ultimi mesi.

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