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La Repubblica

La mafia devasta la terra di Libera ... Tagliate 700 viti. Don Ciotti: no a intimidazioni. Prodi: indignato... L’area sequestrata a un uomo di Brusca. Il presidente: scattata la controffensiva dei clan. Pochi giorni fa un altro episodio in Calabria
Nelle terre della provincia già diventate la roccaforte di un nuovo padrino il segnale all’antimafia è arrivato chiaro. Con la devastazione del grande vigneto di contrada Pietralunga, a Monreale, confiscato a un uomo dei Brusca e da qualche mese affidato alla cooperativa “Lavoro e non solo”, che fa capo a “Libera terra”. Quel vigneto produrrà poco o nulla l’anno prossimo, perché 700 germogli su 1000 sono stati tagliati. “È scattata la controffensiva da parte delle organizzazioni mafiose - denuncia don Luigi Ciotti, presidente di Libera - non ci faremo intimidire”.
Pochi giorni fa, il 27 aprile, in Calabria, era la stata la ‘ndrangheta a farsi sentire con un raid nella coop di Valle del Marro. Ma il clima è già diventato pesante nella provincia palermitana un tempo regno dei Brusca, ormai senza Bernardo Provenzano, oggi del latitante Mimmo Raccuglia, che sembra imprendibile dal 1994. Qualche tempo fa, il padrino della nuova generazione dei quarantenni di Cosa nostra si è persino concesso il lusso di ritornare in gran segreto nella sua casa di Altofonte, mettere incinta la moglie, e ritornare alla sua latitanza dorata.
Ieri sera, il presidente del Consiglio Romano Prodi ha espresso a don Ciotti “solidarietà e indignazione”. Anche perché quello di Monreale è il terzo attentato nel giro di pochi giorni alle cooperative che gestiscono i beni confiscati alle mafie. “La criminalità organizzata va sradicata al più presto - è il messaggio affidato da Prodi a Ciotti - per restituire serenità a quelle terre e permettere alle associazioni di continuare nella loro opera”. Pure il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha inviato un messaggio a Ciotti, dal Medio Oriente, dove si trova in visita.
Non è davvero facile il cammino della cooperativa “Lavoro e non solo”, a Monreale. Soprattutto perché i cinque ettari di vigneto confiscato si trovano dentro una grande azienda agricola, gestita ancora dal vecchio proprietario, Giovanni Simonetti, condannato per favoreggiamento ai Brusca e di recente tornato sotto processo, per estorsione. “Ogni mattina, da tre mesi, entriamo dal suo cancello - allarga le braccia Calogero Parisi, presidente della cooperativa - ma sino a ieri non avevamo mai avuto alcun problema. Anzi, il signor Simonetti ci consente pure di utilizzare l’acqua di una sua vasca”.
Così cerca di barcamenarsi l’antimafia in Sicilia. “Francamente - prosegue Parisi - non so il motivo di questa confisca anomala”. Naturalmente, Giovanni Simonetti dice di non sapere nulla di quanto è avvenuto dentro la sua azienda. Neanche a dirlo, i devastatori, parecchio esperti in materia di potatura, hanno agito solo nel terreno ormai dello Stato. “La confisca dei beni mafiosi resta lo strumento fondamentale per la lotta a Cosa nostra”, dice Giuseppe Lumia, vice presidente della commissione parlamentare antimafia. Questa mattina, a Monreale, arriveranno anche il presidente della commissione, Francesco Forgione, e il prefetto di Palermo, Giosuè Marino. Intanto, i carabinieri stringono il cerchio delle indagini, in serata sono state eseguite anche delle perquisizioni: “E un danneggiamento che ha richiesto molto tempo e una mano esperta per essere portato a termine”, commenta il comandante provinciale Vittorio Tomassone: “C’è la massima attenzione nelle indagini”.
Comunque le intimidazioni non fermeranno il cammino intrapreso”, tiene a ribadire Dino Paternostro, segretario della camera del Lavoro di Corleone.

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