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La Repubblica

30 anni di buona cucina … Un podio per tre: è festa a Firenze. E crescono i figli… Che la festa cominci. Trent’anni di critica gastronomica firmata Espresso sono sfilati in passerella, ieri, nella cornice strepitosa della Stazione Leopolda, assurta a casa golosa della Guida con la complicità di Pitti Immagine. Presentazione ufficiale della nuova edizione de “I ristoranti dell’Espresso”, in vendita da ieri, e della sorellina “I vini d’Italia dell’Espresso” (uscita pochi giorni fa) si sono succedute senza soluzione di continuità, in un cantilenare di nomi e premi, a glorificazione della créme de la créme dell’enogastronomia nazionale. Enzo Vizzari, il curatore, a fare gli onori di casa. Carlo Caracciolo, padre nobile della guida, a testimoniarne valore e godibilità.

Il tutto a massimo merito dei primi della classe: la dittatura golosa dei Magnifici Tre. Ancora in testa, un anno dopo, a mezzo punto appena dalla perfezione assoluta - l’Empireo dei venti ventesimi - Fulvio Pierangelini, Gianfranco Vissani e Massimiliano Alajmo, anime storiche e nuove dell’altissima cucina d’autore. Sono loro a dettare legge nei sacri testi della ristorazione: mani diverse e diverse concezioni, ma ricette ispiratissime e continuità di performance a garantirne il successo di pubblico e critica.

Insieme a loro, i luoghi della cucina buona&sana avanzano allegri e compatti, in aumento di numero e livello, mandando avanti una volta di più la provincia goduriosa e il sud delle materie prima senza rivali. Sotto il Magnifici Tre, infatti, sono ben 286 i locali meritevoli di cappello (da uno a tre). Con i Grandi Vecchi a tener duro e i giovani indomiti a farsi largo a colpi di rispetto del territorio e piatti sfiziosissimi.

Trent’anni di schede non hanno scalfito lo spirito gourmand di locali come l’Antica Osteria del Teatro di Piacenza e il San Domenico di Imola, l’Enoteca Pinchiorri e Gualtiero Marchesi, dal Pescatore di Canneto sull’Oglio e Vittorio di Bergamo, Don Alfonso e il Luogo di Aimo e Nadia. Dai fondatori agli eredi, l’evoluzione non ha cancellato l’impronta originale, e i figli - Ernesto Iaccarino, Giovanni Santini, Chicco Cerea, Luca Vissani. - non stanno facendo rimpiangere padri e madri: anzi, incrementando addirittura, in alcuni casi, fama e onori della casa-madre, realizzano il sogno dei sogni di tutti i genitori ristoratori.

Sono loro, i figli dei Soliti Noti, non più nascosti dietro i grembiuli di famiglia, a saldare l’anello di congiunzione tra vecchia e nuova alta cucina, in un connubio riuscitissimo di tecnica moderna e sapienza antica che porta diritti ai vertici della gastronomia mondiale. Tra gli esempi virtuosi di questa mirabile equazione culinaria, spicca il modenese Massimo Bottura, che Vizzari ha promosso a quota 19.

Quarantenne con moglie newyorkese e animo artistico, Bottura, insignito appena lunedì scorso delle Tre Forchette del Gambero Rosso, interpreta in maniera straordinaria la cucina emiliana del terzo millennio.

Allievo testardo delle migliori “sfogline” in circolazione (“ma non riuscirò mai ad avere quel certo movimento di polso che si traduce in una consistenza di pasta ineguagliabile”, confessa un poco intristito), conosce e pratica tutte le più avanguardistiche tecniche della cucina molecolare, “che non è una parolaccia, bensì racchiude tutte le nuove conoscenze fisico-chimiche sugli alimenti per realizzare cotture e preparazioni sempre più leggere, gustose, rispettose delle materie prime”.
Ma la cucina italiana sa farsi valere anche sotto i punteggi d’eccellenza: infatti, la guida recensisce ben 2.800 locali, di cui 500 alla loro “prima volta”. Unica nota dolente, quella dei prezzi: in diminuzione le buone tavole a meno di trenta euro. Finirà che bisognerà ritoccare la cifra simbolo del corretto rapporto qualità-prezzo con il costo della vita, sperando che a quota trentacinque (o quaranta) si riesca a godere di un pranzo-cena quasi coi fiocchi.

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