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La Repubblica

Addio birra i tedeschi bevono italiano ... Cappuccino, prosecco e vino: sono le bevande più amate… Addio birra, non è più la bevanda preferita dai tedeschi che sempre di più prediligono altre bevande. Per lo più di gusto italiano o mediterraneo: dal cappuccino, al prosecco e al latte macchiato nella sosta veloce al bar, fino al vino al ristorante. Lo dicono tristi, nell’imminenza del Natale, le fonti più insospettabili: i leader dell’austero e potentissimo Deutscher Brauerbund, l’associazione dei produttori di birra tedeschi che è ancora una delle più potenti nel mondo. O tempora, o mores. Nulla da fare, cambiano i tempi, cambiano costumi e gusto. La bevanda più amata nella storia dei tedeschi piace sempre meno a chi se non l’ha inventata (la gustavano già assiri ed egizi) almeno in Europa l’ha diffusa. E un vento di dolce vita del sud contagia i cittadini di Bundesrepublik nelle abitudini del bere quotidiano.
“E’una tendenza duratura, non un trend passeggero”, afferma a Die Welt Peter Hahn, numero uno del Deutscher Brauerbund. Enuncia le cifre, sconsolanti per lui e per la sua associazione. Il consumo procapite di birra, in base ai dati del 2007, resta al 12,5 litri l’anno, ma vuol dire che è caduto del 3 per cento. Ogni tedesco, fatti i conti, ha bevuto oltre 3 litri e mezzo di birra in meno. E’il minimo storico. I tedeschi, come è noto a pochi, non sono i primi bevitori pro capite di birra nel mondo. Sono preceduti in Europa di gran lunga da cechi e belgi, e nel mondo da diversi paesi, da intere regioni della Cina ad alcuni Stati africani.
Ma le cifre del consumo, o la graduatoria di chi beve o beveva più birra, non dicono tutto. Da oltre duemila anni, da quando i Germani di Arminio sconfissero le legioni romane di Varo nella selva di Teutoburgo infliggendo la prima disfatta strategica all’impero della Città eterna, più grave di quelle contro Annibale, la birra è il veicolo dell’ebbrezza preferito dai teutonici. I canti popolari del risorgimento bismarckiano esaltavano l’euforia della vittoria, quando Arminio, primo eroe nazionale, e la sua compagna Tusnelda, bevvero birra a fiumi sul campo di battaglia disseminato di cadaveri di romani.
Glorie lontane, acqua passata. Basta passeggiare per Berlino, Monaco o Amburgo per vedere che in bar e ristoranti “in” è più bon ton ordinare altro. Cappuccino o latte macchiato, un semplice espresso, oppure un prosecco o un Martini o un Campari. E al ristorante, cosa rara venti o trent’anni fa, la carta dei vini è obbligatoria. Privilegia gli italiani, poi i francesi, poi i sudamericani. E’ un gusto nuovo, che i tedeschi a fine estate si portano a milioni a casa tornando dalla Toscana, dalla Provenza o dalla Spagna. Un altro stile di vita, più allegro.
Tempi duri per i produttori di birra, ammonisce Herr Hahn. Fusioni tra produttori minori, scalate contro di loro da parte dei massimi produttori nazionali o dei big esteri (i più potenti global player sono sudafricani e belgi) “diverranno inevitabili”. Cambia anche così l’immagine della Germania: più urbana e raffinata, più tesa alla voglia di vivere, più simpatica. Forse dovremo cambiare anche noi i nostri stereotipi sui cari quasi-vicini: nei Sessanta del boom una bionda faceva pubblicità al massimo produttore italiano dicendo “Sarò la tua birra”. Adesso in Germania le testimonial più belle nella pubblicità reclamizzano prosecchi e vini, italiani, francesi o locali che siano.

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