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La Repubblica

Tocai o Friulano la battaglia del vino che ha perso il nome ... Tar contro governo, summit a Trieste... “Nullum vinum/Nisi hungaricum!”. Di questi tempi, non c’è massima più detestata dai vignaioli friulani. Perché esistono fior di vini, fuori dall’Ungheria, a cominciare da quel Tocai che dal primo aprile scorso ha perso il nome. E che ancora oggi non ne ha trovato uno nuovo, tanto da indurre il ministro dell’agricoltura Paolo De Castro a convocare per oggi una riunione per dirimere la questione insieme a tecnici, funzionari e rappresentanti delle cantine ribelli.
La storia dei due Tocai (il terzo, prodotto in Alsazia, con la doppia dizione “Tocai-Pinot gris”, è rimasto lontano dalla diatriba) prende una piega sbagliata dopo secoli di vite parallele e mai in contrasto. Il Tocai italiano, infatti, è un bianco secco da pasto, dal sapore fruttato, con un piacevole ricordo d’amaro, mentre il Tokaj ungherese è un liquoroso vino da meditazione, dolce e prezioso. La prima scaramuccia annuncia-guai risale al 1959, quando una società di export di Budapest cita in giudizio un produttore udinese. Le tre fasi di giudizio si concludono a favore del tocai friulano, perché viene esclusa la possibilità di confondere i due vini.
Ma l’onda lunga della rivendicazione enologica regionale trova sponda a Bruxelles, che nel 1995 assegna la paternità esclusiva di denominazione alla produzione ungherese. Pierluigi Zamò, produttore virtuoso di Tocai, racconta: “La decisione della UE fu inoppugnabile. Grazie a quella stessa norma, in Friuli solo il Verduzzo di Ramandolo può chiamarsi così…Il vitigno Tocai è coltivato un po’ ovunque, compresi Usa e Australia, ma solo in Ungheria esiste un’area vitivinicola con quel nome. E dalle uve “Furmint” raccolte nella Tokajhegyalija, che si fa il Tokaj. Il resto, è storia chiusa”.
Sarebbe chiusa, se la Cantina Produttori di Cormòns non avesse impugnato la decisione, sancita dall’Ue, di ribattezzare il Tocai semplicemente “Friulano”. Il tutto, con il placet della regione Friuli Venezia Giulia, che ha addirittura varato una legge per conservare la dizione completa da usare sul mercato italiano, riservando “Friulano” al solo mercato estero. E siccome il Tar del Lazio è ormai sinonimo di speranza per tutti quelli che vi si rivolgono, puntuale è arrivata la sospensione dell’iscrizione della nuova denominazione. Una impuntatura che ha spaccato il Consorzio del Collio, tanto da provocare le dimissioni della presidente Ornella Venica.
Nuova puntata: il consiglio dei ministri impugna a sua volta davanti alla Corte Costituzionale la legge regionale salva Tocai. E oggi, De Castro sarà a Trieste con l’avvocato di Stato per spiegare che la Corte di Giustizia, ultimo grado della controversia a livello europeo, si esprimerà tra qualche settimana confermando la liceità della denominazione “Friulano” senza se e senza ma, “come hanno già accettato sia la FederDoc sia otto consorzi friulani. Del resto, battagliamo ogni giorno per difendere il nostro Parmigiano dai vari Parmesan prodotti in giro per il mondo: non si capisce perché quando si tratta di noi dobbiamo sempre cercare scappatoie…A me sembra che la doppia dizione, con conseguente doppia etichettatura, ingeneri una confusione terribile. Per carità, possiamo anche cercare una soluzione transitoria per venire incontro ai desiderata della Regione, ma si tratta comunque di un piccolo escamotage senza futuro”.
Anche perché dall’inizio di questa querelle, il “Friulano” ex Tocai vende come non mai: se fino a qualche tempo fa, Sauvignon e Chardonnay dominavano i listini prezzi dei bianchi friulani, oggi il fanalino di coda è diventato il primo della classe. Merito, confessano i produttori, della leggenda sbagliata alimentata dai vari rumors sulla vicenda, per cui la gente è convinta che il Tocai non verrà più prodotto. E nulla catalizza le vendite quanto la minaccia d’estinzione, che sia tonno rosso o vino bianco. Nel frattempo, l’ex Tocai non ancora Friulano vaga nelle nebbie del nome che non c’è. Pierluigi Zamò, che tre anni fa, prima di tutti gli altri, ha adottato la denominazione Friulano, è andato oltre brevettando la dizione “Anonimo friulano”, “Un po’ per riderci su, un po’ perché non si sa mai”.

Il tocai…
La storia - “Il Tocai è un vitigno di origini ancora incerte. In passato qualcuno riteneva fosse importato dall’Ungheria in Veneto e Friuli, ma non presenta alcuna somiglianza con i vitigni di quella regione. Su alcuni documenti del 1771, compare invece, il nome “Tocai” ad indicare un vitigno presente in Veneto.
Le caratteristiche - Acino tondo, colore dorato, regala un vino complesso e aromatico, con note di frutta fresca e mandorla, secco, mediamente acido, di buona struttura e persistenza.
150.000 ettolitri la produzione in Friuli Venezia Giulia, di cui 100.000 a Doc.
300.000 ettolitri la produzione in Veneto, di cui 50.000 a Doc.
15% della produzione di bianchi friulani è targata Tocai.
400 milioni di euro il giro d’affari.
1.000 i produttori.
Dal vitigno si ricava un vino dai riflessi verdolini, il sapore è morbido, lievemente mandorlato e poco fresco.
Come tipo di vino si adatta bene agli antipasti, alle minestre regionali o ai piatti di pesce.
Le ultime ricerche lo identificherebbero con il Sauvignonasse, vitigno ormai scomparso in Francia ma presente in Cile.

La contesa…
Per la prima volta la contesa sulla denominazione del vino Tocai è stata posta invia ufficiale dall’Ungheria negli anni ‘50, quando la Monipex, ente ungherese per il commercio, intervenne presso il tribunale di Trieste contro un produttore di Tocai friulano. Fu stabilita la legalità dell’utilizzo da parte del produttore italiano.

La decisione Ue…
Con l’Accordo tra la Comunità Europea e l’Ungheria del 23/11/1993, l’utilizzo della denominazione “Tocai” è stata riservata all’Ungheria”, pur concedendo per 13 anni del nome “Tocai friulano” e del “Tocai italico” fino al 31 marzo 2007.

Gli altri casi…
Champagne - È proibita la dizione “champenoise” che identifica il metodo classico di lavorazione delle bollicine francesi e italiane. Gli italiani hanno le dizioni “Franciacorta”, “Talento” e “Trento Doc”.
Parmigiano - La battaglia contro i produttori di “parmesan” è il simbolo della lotta contro i falsi del made in ltaly alimentare. I tedeschi rivendicano l’originalità del loro formaggio.
Prosciutti - Negli Stati Uniti il prosciutto crudo fatto a San Daniele del Friuli e protetto dalla Dop (denominazione di origine protetta) è stato donato togliendo il “San”: lo chiamano prosciutto Daniele.

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