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La Repubblica

La lunga corsa verso l’eccellenza ... L’export continua a crescere. Ma non basta per prevedere un futuro tutto rosa... Produciamo ancora troppo a danno della qualità. Per migliorare serve coraggio... Come sta il vino italiano? La domanda ricorre alla vigilia di Vinitaly, che è insieme “stati generali” e gigantesca kermesse, ormai la più grande fiera mondiale del settore. La risposta potrebbe essere: sta bene, se si guardasse soltanto ai dati congiunturali e li si confrontasse con quelli di tanti altri comparti dell’economia italiana. È vero che la vendemmia 2007 è stata poco generosa e che, inesorabile, si conferma in Italia la tendenza a bere sempre meno vino. Ma è anche vero che il nostro mercato domestico è destinato a perdere peso, rispetto ai nuovi mercati che si aprono e agli spazi più ampi dei mercati tradizionali: l’Italia è il primo paese esportatore al mondo e l’export nel complesso continua a crescere; sul mercato Usa, per noi il più importante, l’Italia è prima per volumi (in valore vince sempre la Francia); i cosiddetti paesi emergenti, Russia in primo luogo, sono potenziali terreni di conquista, anche se la competizione si presenta durissima con la Francia nella fascia alta, con Australia, Cile, Argentina, Sud Africa, Nuova Zelanda e, prossimamente, con i paesi dell’Est europeo. Si sono infine rianimati i consumi di paesi determinanti per le sorti del nostro vino, come Germania e Regno Unito. Sta bene allora il vino italiano? No, sta semplicemente un po’ meglio rispetto agli ultimi anni, ma non basta per prevedere un futuro tutto in rosa.
Non bastano questi dati, pur confortanti, per credere che la vitivinicoltura italiana abbia superato gli ostacoli che da sempre la frenano. Anzi, all’indomani della travagliatissima riforma dell’Organizzazione di mercato del vino (Ocm), il mondo del vino italiano in tutte le sue componenti deve affrontare un vero e proprio esame di maturità, che passa attraverso la soluzione di nodi storici e strutturali, veri grovigli di problemi e di interessi spesso contrapposti, per i quali non bastano leggi né regolamenti né la buona volontà di qualsiasi governo. Eccoli in sintesi: in Italia si produce troppo vino di qualità mediocre, una quota importante di vigneti dovrà quindi essere estirpata e/o ristrutturata; la sovrapproduzione è sempre stata favorita da indennizzi finanziari a chi destinava i surplus alla distillazione per vari usi; l’antiquata legge che dovrebbe regolare e garantire le Denominazioni d’Origine Controllata (Doc) e Denominazione d’Origine Controllata e Garantita (Docg) non regola e non garantisce un bel nulla, ma anzi consente la proliferazione di denominazioni insignificanti; la polverizzazione e la ridottissima dimensione media delle aziende ha sì favorito la "diversità" e ha quindi permesso, da un lato, la produzione da parte di pochi di vini di eccezionale qualità in piccole quantità, ma dall’altro rappresenta un oggettivo handicap per chi dovrebbe investire nel miglioramento della qualità media e nella promozione e vendita del proprio vino. Ad eccezione delle aziende di dimensione industriale, infatti, gli sforzi dei vitivinicoltori si sono sempre concentrati sulla vigna e sulla cantina, ponendo in secondo piano la commercializzazione.
A tutto ciò si deve aggiungere che, in mancanza di organiche ed efficaci politiche di promozione a livello nazionale, le strategie di marketing sono rimaste prerogativa delle poche aziende che si sono imposte sui mercati mondiali per la loro dimensione e/o per la riconosciuta eccellenza dei propri vini. In questa direzione esistono larghi spazi per beneficiare, anche da parte dei piccoli, dell’immagine positiva del made in Italy, dei prodotti, della cucina. A condizione che si sappia effettivamente "far sistema", cioè innanzitutto concentrare e coordinare le iniziative e gli investimenti, sia quelli destinati a far crescere la cultura della qualità fra i produttori (formazione, laboratori, istituti di ricerca), sia quelli diretti al marketing, alla commercializzazione, alla promozione, alla comunicazione, aree dove domina un’anarchia pressochè totale e dove tutti vogliono fare tutto ottenendo e spendendo i soldi di tutti (enti ministeriali, regioni, province, enti locali intermedi, Camere di commercio, consorzi, associazioni fra produttori, privati intraprendenti e furbi). Per superare l’esame di maturità, i presupposti - leggi imprenditori e prodotti - ci sono. Per il resto, per sciogliere i nodi e superare i problemi, occorre voltar pagina.

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