02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

La Repubblica

L’Italia alla conquista dei mercati d’Oriente ... Dagli Usa alla Cina: volano le esportazioni. Nonostante il caro euro... Quello che ci premia e che rende competitivi i nostri prodotti all’estero è il rapporto qualità-prezzo ... Vino, esportazioni record. Insieme al cibo, il vino è uno degli asset una delle 4A del Made in Italy- alimentari, abbigliamento-moda, arredamento, apparecchiature industriali - che tirano di più all’estero, secondo le rilevazioni della Fondazione Edision. “La prova che anche i nostri piccoli viticoltori riescono a imporsi sui mercati mondiali grazie alla qualità”, afferma Angelo Gaja, uno dei produttori più amati dagli americani. È negli Usa, in particolar modo, che le esportazioni dei vini italiani hanno ripreso a correre. E non si fermano, neppure ora col cambio euro-dollaro sfavorevole. Secondo l’ultimo rapporto di Iwif, Italian Wine & Food Institute, che ha il suo quartier generale a New York, le vendite di vini italiani Oltreoceano sono aumentate dell’8,4% per cento in quantità e dell’8,6 in valore. Un sorpasso clamoroso, segnala la fondazione Edison, proprio negli Usa, dove la Francia con i suoi Champagne e Bordeaux griffati la faceva da padrona, e ora vede l’Italia prima per bottiglie vendute. Quello che ci premia è il rapporto qualità-prezzo, dicono gli esperti. La congiuntura sfavorevole- ma anche le nuove tendenze del gusto- vedono in ripresa la moda del vino sfuso, di minor costo e pregio, ma la percentuale di vino non imbottigliato rappresenta solo il 4,6 per cento del vino italiano venduto negli States. Mentre per i vini francesi ha raggiunto il 18,3 per cento del totale.
Piccole e medie cantine, le nostre, che acquistano forza e capacità di penetrazione sui mercati esteri facendo network. Anche all’interno dei distretti produttivi, come il Prosecco, che nel mondo sta conoscendo un vero e proprio boom. O la Franciacorta, il Soave: marchi di territori scoperti dai turisti grazie ai voli low cost e alle crociere a prezzi discount, conferiscono alle nostre etichette un valore aggiunto in termini di identità che, dicono gli esperti, rende più competitivi i nostri vini. È già successo per il Brunello di Montalcino, una griffe registrata al pari di Armani. Poi con i vini delle Crete senesi, con le Marche, ribattezzate Marcheshire, e Maremma. Ora è la volta della Puglia, finita sulla copertina del “Wall Street Journal week-end”.
I paesi anglosassoni sono i primi a dettare le nuove tendenze. Ma ora si guarda con interesse anche ai paesi emergenti, dal grande potenziale di sviluppo. “Siamo presenti in 50 paesi, e a fianco dei già consolidati Singapore, Hong Kong, Thailandia, cominciano a far capolino il Vietnam, l’India e la Corea, mentre un mercato di grande interesse è la Cina”, racconta Alberto Tasca d’Almerita, amministratore delegato dell’omonima cantina di famiglia, marchio di punta della viticoltura siciliana con un aumento dell’export del 18 per cento.
I vini italiani sono cresciuti in Russia del 43 per cento in valore, del 55 in Cina e del 35,5 nella sola Hong Kong; del 13 in India. Paesi dove per tradizione a tavola si beve la vodka, oppure il tè, o, come in Cina per i grandi banchetti, il baijiu, un superalcolico dal sapore di idrocarburo. Una rivoluzione del gusto, che ha aperto nuove strade. “L’Asia è stato il mercato prioritario per crescere. Dopo il Giappone, dove siamo presenti da quasi mezzo secolo, abbiamo consolidato la nostra presenza anche in altri paesi che stanno crescendo e diventando interessanti, come Corea del Sud, Taiwan, Malesia e Singapore. Il traguardo più importante, però, l’abbiamo raggiunto in Cina: qui siamo passati dall’impostazione classica dell’importatore all’apertura di un nostro ufficio Gancia a Shanghai, con personale cinese che presidia il mercato”, racconta Lamberto Vallarino Gancia, amministratore delegato della cantina di bollicine numero uno nell’Asti.
La crisi Usa e delle borse mondiali, anziché infliggere colpi, fa emergere la solidità delle eccellenze italiane. E, in particolare per le nostre bollicine, il momento è dei più felici. “I mercati emergenti sono interessanti, hanno non solo nuovi ricchi ma una consapevolezza della qualità e dei marchi crescente”, racconta Matteo Lunelli, amministratore delegato delle cantine Ferrari di Trento, tra le prime case history dell’enologia italiana, emblema di come un’azienda possa trainare l’economia di un intero territorio: partita nel 1952 da sola è oggi alla testa della Trento Doc, vero brand di territorio che raccoglie 25 produttori sparsi in 58 comuni. È dunque arrivato il momento di sferrare l’attacco decisivo. Con una strategia precisa: puntare a sfruttare le sinergie tra i marchi dell’eccellenza del made in Italy per amplificare l’impatto in termini di immagine, facendo leva sul concetto di lusso, comfort e qualità che il made in Italy continua a significare nel mondo. Non a caso si chiama Villa Oro, il nuovo store di Shanghai con il meglio del Made in Italy, dove ha aperto un wine bar la Berlucchi, griffe delle bollicine Franciacorta, di proprietà della famiglia Ziliani. Simbolo di bene prezioso, è il trampolino di lancio per prendere d’assalto tutto il mercato asiatico.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su