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La Repubblica

“Eliminare le mele marce” ... Montalcino, il presidente del Consorzio difende il disciplinare... Tiziana Frescobaldi: “Chiariremo tutto” ... Cielo plumbeo, nebbia, poi d’improvviso grandine. E che grandine, che chicchi, che violenza. Roba che se accade in piena estate, quando le uve so­no mature, squassa questi colli pettinati rasta e fa danni da pian­gere. Ora invece no. A far tremare il re dei vini sono l’inchiesta della procura di Siena, le locandine dei giornali che additano “Brunellopoli”, il toto “aziende eretiche” che impazza in paese e sui blog specializzati.
E’ caccia aperta: nei vicoli me­dievali così come nelle autostra­de telematiche ci si domanda chi è che miscela cabernet sauvignon al sangiovese distruggendo la sacralità del Brunello. La viola­ta sacralità del vino 100% sangio­vese, appunto, fa sconfinare que­sta inchiesta penale sul terreno della cultura del vino: chi è sotto indagine, adombrano gli stessi inquirenti, ha sbagliato pensan­do forse di rispondere ai gusti di un mercato estero che gradisce un vino più morbido. E allora, quesito provocatorio: non è forse in errore chi non modifica un di­sciplinare nella direzione che va incontro ai gusti del pubblico? Eresia, appunto. “La forza del Brunello la sua unicità, stanno proprio nel fatto che è sangiove­se al 100% - insorge il presiden­te del Consorzio del vino Brunel­lo Francesco Marone Cinzano - Chi la pensa diversamente può fare altri vini, il Sant’Antimo, l’Igt, ad esempio. Le mele marce che dovessero spacciare per Brunello vino nel quale oltre al sangiovese entrano uve di altri vitigni, se dav­vero ci sono, vanno eliminate”.
Non c’è un bel clima, qui, tra Sant’Angelo Scalo e Montalcino. E non tanto per quella grandine che a metà giornata squassa le colline. “Ho già ricevuto tutti i vi­ni che avevo commissionato, tranne una etichetta” dice Fran­co Pazzaglia dello storico Caffè fiaschetteria italiana in piazza del Popolo. Di nomi non ne fa. A lui manca quell’etichetta di Brunel­lo 2003, ad alcuni non ne sono ar­rivate altre. Sono bloccate in can­tina dall’inchiesta della magi­stratura. Ci sono alcuni dei gran­di nomi dell’enologia internazio­nale. Tutti ostentano sicurezza, la speranza di uscirne bene in po­co tempo. “Il fatto non sussiste e siamo convinti che chiariremo tutto” dice Tiziana Frescobaldi. “Non mandiamo fuori cantina neppure una goccia di Brunello 2003, se anche potessimo non lo faremmo - afferma Piero Antinori - Vogliamo che prima que­sta vicenda sia chiarita e siamo fiduciosi che ciò avvenga bene e al­le svelta per quanto ci riguarda” aggiunge Antinori appena rien­trato dagli Stati Uniti. “Mai ci so­gneremo di spacciare per Brunello ciò che non è sangiovese al 100%” gli fa eco Renzo Cotarella, direttore generale di Antinori. “Ma non è neppure facile evitare che tra migliaia di piantine di sangiovese ce ne finisca una che non lo è: basta questo a far venire meno i requisiti per la classifica­zione in Brunello”. Da Argiano confermano di aver avuto la visi­ta della finanza tra dicembre e gennaio e di aver declassato da Sant’Antimo ad Igt alcune quan­tità di vino. “Nulla di diverso da quanto fatto gli altri anni, noi non produciamo Sant’Antimo” taglia corto il direttore dell’azienda Giampiero Pazzaglia.
Il nodo è questo. A Montalcino, oltre ai 7 milioni di bottiglie di Brunello e ai 4,6 milioni di Rosso che si producono esclusivamen­te con sangiovese in purezza, ci sono anche vitigni di cabernet sauvignon che assieme ad altri vi­tigni internazionali contribui­scono alla produzione delle 500.000 bottiglie di Doc Sant’Antimo e dei 3 milioni di bottiglie di Igt. Il sospetto su cui sta lavoran­do la procura è che questi vitigni siano stati utilizzati per “ammorbidire” bottiglie di Brunello. L’in­chiesta si è mossa partendo dalle “non conformità” segnalate dal Consorzio su una minima parte dei 1.660 ettari controllati (l’80% del totale).
“Chi ha buon palato - dice il presidente del Consorzio - venga al Vinitaly e verifichi: il Brunello è sempre lo stesso”. Montalcino si difende con i denti e con le unghie. Si temono contraccolpi pesanti per il territorio e l’econo­mia. “Se ci fossero state da parte di alcuni delle inadempienze e degli errori - dice il sindaco di Montalcino Maurizio Buffi - spero che emergano in modo chiaro senza generalizzazioni a tutela di un’economia sana e cor­retta. Il Brunello è un vino la cui produzione risale alla notte dei tempi – aggiunge - qualità e se­rietà dei produttori sono stati at­testati, nel corso degli anni, dai ri­conoscimenti ottenuti e dal mer­cato che ha posto la produzione ai vertici mondiali. Per qualche eventuale mela marcia non si può scalfire questa immagine di eccellenza del nostro territorio, data da oltre 250 aziende, grandi e piccole, 2.500 addetti che pro­ducono vino con impegno quoti­diano, maniacale, per ottenere un prodotto unico”.

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