02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

La Repubblica

Mille piccole agricolture in rete contro la dittatura dell’industria ... Che il lavoro materiale sia fatto della carne dei suoi esecutori (mani, corpi, facce, sguardi) parrebbe un’ovvietà. Evidentemente non lo è più, se è vero che i cinquemila contadini di tutto il mondo riuniti a Torino per la terza edizione di Terra Madre fanno l’effetto di una rivelazione. Pur rappresentando oltre il cinquanta per cento della popolazione terrestre, è come se emergessero da profondità sconosciute. Sopra di loro si estende lo smisurato bagliore dell’economia virtuale, i cui recenti squarci hanno un effetto doppio e contrastante: da un lato angosciano, dall’altro rivelano - e non è certo un male - la fitta trama dell’economia reale.

L’effetto è quello di un derma improvvisamente visibile, e palpitante, perché si è dissolto il trucco che lo copriva e lo trasfigurava. Sempre a Torino, per una coincidenza di quelle che fanno pensare, l’orrendo rogo della Thyssenkrupp ci aveva appena costretto a riscoprire l’esistenza degli operai, a riconsiderarne la consistenza sociale e il valore misconosciuto del loro lavoro. Martedì sera lo Stabile ha aperto la sua stagione teatrale con il durissimo spettacolo di Pippo Delbono su quel rogo atroce, un altro dito nella piaga dopo il bel film di Calopresti. Ieri, in un contesto felice, vitale e combattivo, sono stati i lavoratori della terra (e della Terra) a prendersi la scena, in una festa di volti, lingue, costumi nazionali, musica, progetti per il futuro.

Al Palasport ci sono i produttori in carne e ossa, al Lingotto - per il Salone del Gusto - i loro prodotti, e in entrambi i casi è l’evidenza materiale a toccare i sensi e a costringere a pensare, come raramente accade, ai fondamenti, all’abicì, ai meccanismi profondi della vita umana: quelli biologici, naturalmente, ma anche quelli sociali e identitari, perché ogni singolo pellegrino arrivato a Terra Madre ha da raccontare una comunità, un paesaggio, una maniera di sopravvivere e di vivere, uno sguardo sulle cose che rifiuta di essere oscurato dalla paurosa uniformità produttiva e sociale imposta dall’agroindustria, che per ogni ettaro conquistato e uniformato ne cancella uno con le sue qualità, la sua storia, la sua biodiversità.

“L’economia finanziaria - ha detto la scienziata indiana Vandana Shiva, leader mondiale della nuova cultura contadina - è quantificabile in numeri diciassette volte più grandi dell’economia reale (agricoltura, industria e commercio messi assieme, ndr). Il suo tracollo ci fa capire che la sola ’real bank’ sia la banca della terra”. Il suo discorso, semplice, potente, caldo, pronunciato in sari turchese davanti a una delle platee più variopinte e multietniche mai viste, è stato ascoltato da un cospicuo parterre di politici, e forse qualcuno di loro ha avuto modo di domandarsi come mai quella semplicità e quella potenza siano quasi spariti dal dibattito politico ordinario, nel quale è sempre più raro imbattersi in parole e pensieri che tocchino davvero la struttura profonda della società, le ragioni della vita, il sentimento del futuro.

Carlo Petrini, presidente di Slow Food, ideatore di questa internazionale contadina che non ha eguali al mondo, ha fatto notare con ragionevole indignazione che l’intero consesso dei Paesi ricchi, quest’anno, non è riuscito a mettere insieme i trenta miliardi di euro stanziati per la lotta alla fame, ma in pochi giorni ha destinato duemila miliardi di euro (quasi cento volte tanto) per rattoppare i buchi della “finanza canaglia”. E se questa colossale sperequazione può apparire, in un paese come il nostro che per nutrirsi spende solo il 15 per cento del suo reddito pro-capite, appena una delle tante incongruenze di un’economia (e di una politica) rattrappita e vassalla degli interessi forti, in molte parti del mondo, dove per nutrirsi si spende oltre il cinquanta per cento del denaro disponibile, tagliare i fondi per la lotta alla fame è una scelta omicida: solo lo scorso anno, mandando a carte quarantotto le previsioni della Fao, altri cento milioni di persone sono entrate nell’enorme girone degli affamati. Quasi un miliardo di umani non ha cibo, o più sovente non ha il denaro per comperarlo. E migliaia di colture ed economie considerate “di nicchia” sono minacciare di estinzione, strozzate dalla distribuzione, assediate dall’agroindustria con le sue sementi brevettate. La capacità di rappresentare la varietà e la molteplicità di queste “nicchie”, di metterle in rete, di farle parlare tra loro, è la ragione di Terra Madre. Il successo mondiale di questa idea dimostra, molto semplicemente, che è stato utile e giusto averla.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su