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La Repubblica

I piaceri e le paure del nostro pranzo ... Attorno al cibo e al mangiare ruota una galassia di diversi significati, per le persone. Essi intrecciano più dimensioni: il piacere e il gusto, l’attenzione alla salute e la cura del corpo. Il consumo alimentare investe, inevitabilmente, la sfera economica, andando ad incidere in modo rilevante sulla spesa quotidiana. Ma può anche diventare strumento di impegno e modalità di partecipazione. I risultati del 19° osservatorio Demos-Coop sul capitale sociale sottolineano come quest’ultima dimensione ricopra un ruolo di crescente rilevanza. Quando acquistano, i consumatori, oggi più che in passato, prestano attenzione alle conseguenze delle loro scelte. Il 39%, contro il 33% del 2006, dichiara così di aver comprato, nell’ultimo anno, prodotti equo e solidali. Sale dal 15 al 25% la componente di chi ha scelto cosa acquistare valutando la responsabilità sociale delle aziende produttrici, oppure attraverso parametri di tipo politico o ecologico. Una persona su quattro afferma di aver boicottato i prodotti di alcune multinazionali in base a considerazioni di matrice etica o politica. Le forme dell’impegno, in altri termini, si sviluppano anche all’interno dei supermercati e delle Botteghe del mondo. I protagonisti di queste forme dì consumo sono i soggetti scolarizzati, i giovani e in particolare gli studenti, assieme ai professionisti, gli impiegati e, in primo luogo, quanti si riconoscono nelle posizioni ideologiche di sinistra. Nel caso dell’equo e solidale, pesa anche il fattore femminile: sono soprattutto le donne, infatti, ad acquistare tali prodotti. Si tratta di una sensibilità ben presente e radicata nella società italiana, testimoniata anche da altri dati della ricerca: ad esempio dalla fiducia verso le organizzazioni che operano nei settori appena citati. Esprime consenso verso il movimento del commercio equo e solidale il 41 % dei cittadini. Un consenso ben più elevato rispetto a quello accordato ad altre forme associative e alle principali istituzioni dello stato e del mercato. Segno di una domanda di rappresentanza e di tutela, di fronte alle paure alimentari (ma anche finanziarie) che la globalizzazione porta nelle nostre vite e sulle nostre tavole.

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