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La Repubblica

Ogm, perchè la norma Ue garantisce i consumatori ... Caro direttore, ho letto con attenzione l’articolo di Carlo Petrini sugli Ogm e il loro supposto “assalto” al biologico (Repubblica, 20 novembre). Posso dissentire con le sue tesi, nonostante la nostra comune età ed origine braidese?

1) Per Petrini il 1° gennaio 2009 sarà una giornata di lutto perché segnerà la scomparsa definitiva dell’agricoltura biologica. Tranquilli: quella fatidica data non cambierà una virgola della normativa europea per quel che riguarda la soglia
di presenza accidentale di Ogm nel biologico. Il regolamento
comunitario che entra in vigore il 1° gennaio prossimo è la mera applicazione di quanto già previsto dalla Commissione europea con la sua Raccomandazione del 2003 (556/2003) sulla
coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche, e il Regolamento dello stesso anno (1829/2003) sugli
Ogm, dove viene indicato che la presenza accidentale di Ogm
nei prodotti alimentari, sia convenzionali che biologici, non
deve essere segnalata sull’etichetta se il livello è e resta al di
sotto della soglia del 0,9%. Nulla di nuovo sotto il sole, quindi.

2) Petrini chiede di fissare la soglia a 0,1%, cioè la percentuale minima rilevabile. Segnalo che neppure la federazione
mondiale per l’agricoltura organica (Ifoam) è su una posizione così integralista (e isolata: in Europa solo 4 Stati membri su
27 la sostengono). L’Ifoam è per un totale divieto dell’ingegneria genetica ma realisticamente sostiene, tenuto conto
che prodotti Ogm sono già in circolazione, sugli scaffali come
nei campi, che qualsiasi soglia, anche de minimis, non può
che essere decisa arbitrariamente ed è quindi di per sé in contrasto con i principi della coltivazione organica. Meglio quindi una legislazione meno stringente che non obblighi i produttori di biologico a costose analisi: diversamente, agli occhi
dell’Ifoam, al danno si aggiungerebbe la beffa.

3)Nessun consorzio di tutela ha un prodotto che si vende
perché biologico. Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma, Prosciutto di San Daniele vendono per miliardi di euro ed esportano in tutto il mondo, come prodotti di
punta del made in Italy, perché sono sani, certificati, controllati e buoni, anche se provenienti da allevamenti che usano
mangimi contenenti fino al 60% di soia da Ogm. E non può
sfuggire ad alcun consumatore avvertito che il biologico che
si vende nei supermercati è nella stragrande maggioranza impresso con il marchio dello stesso supermercato (GS ha ScelgoBio, Coop ha il suo...). Insomma, gli azionisti di riferimento del “Biologico Spa” sono le grandi catene di distribuzione
dell’alimentare che hanno appena finito di affamare Parmigiano Reggiano e Grana Padano costringendoli a vendere le
loro forme ad un euro sotto il prezzo di costo.

4)Ultimo punto, quello della sicurezza. Quante altre volte
dovremo leggere notizie come quella della settimana scorsa
proveniente da Pisa, dove ad una kermesse alimentare sul cibo naturale ci sono stati 9 intossicati, tra cui 3 bambini? Sono
anni che mi batto contro l’equazione un pò’ semplicista “pro
dotto senza Ogm uguale prodotto sicuro”, che oltretutto suona come pubblicità ingannevole. Invece c’è forse una lezione
da trarre dall’esperienza del mais Bt (l’unico Ogm coltivato in
alcuni paesi europei), più sicuro per l’ambiente perché non
usa pesticidi, più sicuro per il consumatore perché ha meno
fumonisine, sostanze altamente tossiche alla salute umana
abbondanti nel mais tradizionale ma ancor di più in quello
biologico, e più conveniente per i coltivatori che arrivano a
guadagnare fino a 400 euro in più per ettaro.

Invece di nascondere a se stessi tutte queste criticità volando eccessivamente alto, a me pare più serio dire: facciamo un prodotto sano e garantito, sicuro per il consumatore indipendentemente dal suo metodo di coltivazione. Pensare di garantire solo quel 2% di italiani che acquistano biologico è a dir poco elitario. E chiedere di aumentare i prezzi dei prodotti alimentari convenzionali del 2-4%, come propose Petrini l’anno scorso, per agevolare una migrazione al biologico è una scelta irrispettosa della gente che già ha difficoltà a fare la spesa e, soprattutto, non garantisce maggiore sicurezza alimentare.

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