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La Repubblica

Allarme vino dagli Usa il lusso in bottiglia rischia il grande crac ... “La bolla sta scoppiando, addio prezzi folli”... Benvenuti al Vinitaly della Grande Crisi. L’edizione numero 43 parlerà così poco inglese americano che al solo pensarci i produttori nostrani rabbrividiscono. Infatti, la congiuntura economica più disastrosa colpisce il mondo del vino un attimo dopo aver consacrato l’Italia come primo fornitore ufficiale degli States, grazie al sorpasso compiuto nel 2008 sugli storici rivali francesi, complice il crollo nel consumo degli champagne. Una promozione capace di potenziare ulteriormente i dati sulle esportazioni, pari a oltre un terzo della produzione nazionale. Fino a ieri, i connazionali di Obama adoravano i nostri Chianti e Brunello, Barolo e Barbaresco, Barbera e Amarone: bere italiano era un must nei ristoranti più chic d’America, attrezzati con wine list da far invidia alle nostre migliori enoteche. Non c’è grande produttore italiano che abbia lesinato ospitalità, degustazioni e forniture pregiate a chef e sommelier made in Usa in pellegrinaggio dalle Langhe all’Etna. Purtroppo,tutti gli indicatori dicono che bisogna parlare al passato. Due giorni fa, il New York Times ha raccontato come ai tempi dei salari inflazionati di Wall Street si fosse creata una bolla speculativa “che dal mercato immobiliare e finanziario si era estesa anche al mercato del vino”. Una sorta di bolla enologica che la forte contrazione della domanda ha fatto scoppiare. Risultato: Gli speculatori sono scomparsi dal mercato, mentre banchieri e manager che non pensavano ad altro se non a spendere centinaia di dollari per una bottiglia adesso pensano a non perdere i loro bonus, se non il lavoro”. Dall’altra parte dell’Atlantico le cose non vanno certo meglio, se è vero che l’indice dei cento super vini (di cui la maggior parte francesi) quotati al London International Vintners Exchange’s , triplicato fra il 2005 e il 2008, è crollato in poche settimane del 43%. Un dato che fa pensare al peggio in vista dei prossimi, attesissimi appuntamenti con le vendite dei grandi vini francesi “en primeur”(anticipate). Da una parte, i vignerons sperano basti ridurre i prezzi del 15%, dall’altra i compratori inglesi hanno già annunciato che senza una diminuzione drastica, pari al 50- 60%, lasceranno le casse (al momento virtuali) a giacere nei magazzini di stoccaggio. In Italia, malgrado le offerte di rimpolpare gli ordini fatti da una costa all’altra a fine 2008 vengano rimbalzati al mittente con la sola esclusione delle bollicine d’autore, catapultate sulla passerella americana grazie all’ottimo rapporto qualità-prezzo, dopo essere state ignorate per anni molti produttori credono ancora nella ripresa dell’export. Le ricerche di socio-marketing, infatti, testimoniano un cambiamento di abitudini meno ristorante, più casa che accomuna i cittadini-consumatori : tenuta delle vendite al dettaglio, forte calo delle presenze nei ristoranti (intorno al 30%, 100.000 posti di lavoro a rischio secondo la Fipe). Se anche in America impareranno a invitare gli amici a cena, magari rallegrandoli con una buona bottiglia italiana, al Vinitaly brinderanno tutti.

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