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La Repubblica

Ora il mutuo lo garantisce il parmigiano ... E la banca costruisce due maxi-bunker per contenere 440mile forme... Basta derivati. Addio alla finanza creativa. Il sistema bancario italiano in cronica crisi d’identità prova a ripartire dal mutuo sul parmigiano-reggiano. In prima fila, per obblighi territoriali, il Credito Emiliano, storico istituto degli allevatori, in mancanza di garanzie migliori ha deciso di erogare prestiti ai suoi clienti accettando come pegno nientemeno che il prezioso formaggio. Il business - oliato in oltre cinquant’anni d’esperienza - va a mille. Tanto che il Credem, come ha ricordato ieri l’agenzia Bloomberg, ha costruito tra Modena e Reggio due enormi depositi blindati, due Fort Knox della gola dove invece che banconote, gioielli e opere d’arte, sono custodite per i canonici 24 mesi di invecchiamento 440mila forme di parmigiano. Valore totale, 132 milioni di euro, l’1% circa degli impieghi dell’istituto. Il credito bancario è ossigeno puro per un settore che da almeno un lustro naviga in acque agitate. I due anni di maturazione, in effetti, non solo espongono i produttori alla fluttuazione dei prezzi (scesi dai 9,36 euro al chilo del 2004 ai 7,27 di oggi) ma “immobilizzano” per un periodo lunghissimo il capitale. Anche se si tratta di formaggio. L’offerta della banca è semplice: lei si fa carico di questa fase della lavorazione e in cambio garantisce alle aziende un prestito a due anni con uno spread tra lo 0,75% e il 2% sull’Euribor, pari all’80% del valore del bene in deposito. E i caseifici con questi soldi possono tenere attivo il circolo virtuoso della filiera del latte tra Parma e Reggio Emilia. Alla scadenza del prestito il cliente in regola con le rate riceve indietro le sue forme, pronte per sbarcare in negozio o ai supermercati. In caso di morosità (evento peraltro rarissimo in queste transazioni) il Credem provvede a vendere direttamente il prodotto, riducendo al minimo il suo rischio di credito.

Che il parmigiano reggiano faccia davvero gola se ne sono accorti, se mai fosse stato necessario, anche i vertici della banca. Sei mesi fa una banda di ladri gourmet con il fiuto degli affari (e non solo) è riuscita ad aggirare i sofisticatissimi sistemi d’allarme di uno dei magazzini del Credem, trafugando 570 forme - ognuna vale 300 euro e tutte sono marchiate con un numero come fossero banconote - prima di essere catturati dalla polizia. Andasse a ruba altrettanto facilmente sugli scaffali, la vita del parmigiano sarebbe molto più semplice. Ma purtroppo non è così: la concorrenza dei prodotti a basso costo (e bassa qualità) e le miriadi di imitazioni esotiche spuntate come funghi in ogni angolo del mondo hanno mandato invece in asfissia finanziaria molti dei 355 caseifici del consorzio. E nemmeno l’intervento del governo, che a inizio 2009 ha ritirato oltre 150mila forme dal mercato, è riuscito per ora a ridar fiato alla domanda. La speranza è che la formula del matrimonio tra il mondo del credito e il re dei formaggi consenta anche questa volta al settore (che fattura 1,5 miliardi l’anno) di agganciare la ripresa economica senza perdere per strada troppe stalle - già molte stanno fallendo in questi mesi - e altri produttori.

La finanza creativa applicata alla buona tavola, del resto, ha dato fino ad oggi buona prova di sé. Soprattutto per quei prodotti come il parmigiano che richiedono lunghi periodi di invecchiamento. Sui mercati di tutto il mondo vengono scambiati da anni i future sul vino, con gli appassionati del settore che si strappano a suon di super-assegni il diritto a una bottiglia di Barolo o di Bordeaux che uscirà dalla botte (se tutto va bene) solo tra qualche anno. E che a volte opzionano a peso d’oro persino l’uva ancora appesa ai tralci. Stesso discorso per il Whisky: diverse distillerie scozzesi a corto di liquidità hanno lanciato negli ultimi anni certificati azionari per l’acquisto a termine del liquore appena messo a maturare nel rovere. L’Emilia, comunque, parmigiano a parte, resta la patria tricolore di questi spericolati esperimenti di gastro-finanza: la Cariparma ha studiato a lungo il varo di titoli derivati sul Prosciutto crudo, altra delizia locale. Più difficile però da immagazzinare e da conservare del cugino parmigiano. La Banca Popolare dell’Emilia Romagna ha in catalogo il “Credito balsamico”, un prestito ad hoc confezionato su misura per i produttori dell’omonimo aceto, scadenza a 60 mesi per rispettare i tempi lunghi della maturazione in acetaia. Appena al di là del Po, un estroso produttore di Montingelli d’Ongina, bypassando i canali di distribuzione del credito, ha provato a piazzare direttamente nei ristoranti di lusso di Milano le ‘azioni sul culatello’, contratti a termine che finanziavano l’acquisto della carne fresca e coprivano i costi di stagionatura. Gli investitori potevano lucrare i loro sudati ritorni finanziari al momento della vendita in salumeria. O meglio, gustarsi il proprio culatello senza aver speso un occhio della testa.

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