02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

La Repubblica

Vivere slow ... L’antico segreto dei testaroli, cotti nel disco di ghisa, e quello dei venditori ambulanti di libri: così Pontremoli entrò nella storia... Io non so spiegare scientificamente perchéùn disco dipaneazzimo (acquatiepida, saleefarina) può diventare strepitosamente buono. Neanche uno scienziato troverebbe facilmente la formula esatta che rende i testaroli di Pontremoli qualcosa di così unico. Tutto ciò che so - perché lo si tramanda da tempo e l’hovisto fare - è che il merito va al testo lunigiano, il fornello dove si cuociono, al fatto che la fonte di calore è la fiamma viva di un fuoco di legna e che la farina è di grano autoctono. Il testo si maneggia con due buone braccia:
è circolare, di ghisa (un tempo di terracotta), composto da due parti che si chiudono su se stesse: Il testarolo invece, una volta cotto, si taglia a losanghe, si sbollenta e si condisce con un pesto di basilico, parmigianoo pecorino, olio extravergine: la semplicità eletta a forma d’arte. Quello artigianale pontremolese è sottile, leggero e poroso, niente a che fare con quelli industriali, di solito compatti, spessi e pesanti. Ma che ci importa della formula che li rende speciali: sappiamo che molto sta nella bravura dell’artigiano e nell’umile utensile, il testo, che è anche capace di schiudere un mondo di storie edi altre vite, soprattutto qui a Pontrernoli. Mentre in casa si arroventava il testo, gli uomini calpestavano i sentieri della Via Francigena con la gerla o il carretto stipati di libri. In
questa cittadina medioevale dall’Alta Lunigiana il commercio librario esisteva fin dal Seicento, ma la cosa straordinaria fu l’esodo peregrinante da queste terre, Montereggio in primis, di generazioni di venditori ambulanti di libri. Si chiamavano Maucci, Bertoni, Fogola, Vannini, Giovannacci, Rinfreschie, raggiunte le cìttà più grandi e acquistati stock di volumi dagli editori con i proventi della vendita di formaggio, legname, castagne, si disperdevano per l’Appennino e su verso la Pianura Padana carichi di poemi epici, storie di santi, testi bollati dalla censura oscurantista. Pellegrini dell’Ottocento, i librai pontremolesi, come prima lo erano stati i devoti che percorrevano i tracciati calcati dal vescovo Sigerico per raggiungere la Città Eterna dalla lontana Canterbury.
In cambio del pane questa gente vendeva il pane dello spirito e i più giovani crescevano nell’odore della carta stampata. Mi piace pensare che questa vicinanza li rendesse curiosi e non solo avidi di incassare, uomini civili oltreché commercianti, un po’ poeti nel portare con sé l’Adelchi del Manzoni, mai soli, anche senza una casa. Forse tra i primi librai ambulanti pochi sapevano leggere, ma conoscevano a memoria passi dell’Orlando furioso con cui incantavano i contadini dei villaggi e i cittadini che si avvicinavano alle loro bancarelle. Intanto il fenomeno si era esteso con il perfezionarsi delle vie di comunicazione e il rafforzarsi dello spirito imprenditoriale dei librai,
tanto che nell’Ottocento essi si spinsero all’estero, in Francia, Spagna e nell’America centromeridionale. Molti tornarono in Lunigiana e nel 1952 si organizzò il primo raduno nel corso del quale si decise di lanciare il Premio Bancarella, l’unico premio letterario gestito dai librai. Nel 1953 fu assegnato a Ernest Hemingway con “Il vecchio e il mare”,l’anno successivo sarebbe toccato a Giovanni Guareschi e, via via, al Pasternak de “Il dottor Zivago” o al Singer de “La famiglia Moskat”. Quasi sessant’anni, dunque, per la bella festa dei libri di Pontremoli - che nel tempo ha ideato anche sezioni dedicate alla cucina, al vino e allo sport - a ricordare una tradizione antica e affascinante.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su