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La Repubblica

I consumatori diventano co-produttori ... Sostengo da tempo che per migliorare il sistema del cibo dobbiamo trasformarci da “consumatori” in “co-produttori”. Dobbiamo vedere e praticare l’atto del mangiare come la parte finale e integrante di un processo produttivo virtuoso, che nutre bene e con piacere, senza devastare l’ambiente e impoverire i contadini. Per fare questo passaggio è necessaria un’alleanza con chi coltiva, alleva e trasforma: un avvicinamento che molti hanno voglia di realizzare senza tuttavia sapere come. Una formula unica per diventare co-produttori non c’è: bisogna fare appello alla creatività e inventarsi metodi nuovi, disegnati sulle esigenze del territorio e dei contadini o produttori che lo popolano. È una fase storica in cui proprio la grande creatività di chi ha a cuore il cibo sta generando nuove forme di distribuzione e di approvvigionamento. I modi sono tanti per diventare co-produttori consapevoli che “mangiare è un atto agricolo”: forme di adozione di animali e orti che sono l’evoluzione di quella che negli Stati Uniti è chiamata “community supported agricolture”; poi esistono i gruppi d’acquisto; e c’è chi mette in piedi piccoli mercati di contadini. Oppure possono essere chiamate in causa forme di autoproduzione nei quartieri e nelle scuole con gli orti, tanto educativi quanto produttivi. Gli esempi si stanno moltiplicando, in città e in campagna, nel Nord e nel Sud del pianeta. Ci sono iniziative davvero geniali da cui trarre spunto per replicarle e adattarle a casa nostra: sono tutte forme di co-produzione da parte dei cittadini, che ci liberano da un rapporto con il cibo sempre più passivo e frustrante. È un modo per risparmiare, per godere di alimenti più piacevoli ed è una prassi che fa bene tanto alla Terra quanto ai contadini. Smentendo chi sostiene che per avere comportamenti sostenibili si debbano fare rinunce.

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