La rivoluzione Slow food contro le multinazionali ... “Siamo tanti, abbiamo un ruolo politico”... Un “partito” così, la sinistra (e non solo) selo può soltanto sognare. A ventiquattro anni da quella prima riunione a Serralunga d’Alba - quando un po’ alla carbonara fu fondata Arcigola - Slow Food conta le proprie forze, rileva che sono robuste e annuncia il proprio programma. “Da oggi al 2014 - dice il presidente nazionale Roberto Burdese al VII congresso - il nostro primo obiettivo deve essere un forte impegno politico”. Le “sezioni” già esistono, e si chiamano Condotte. Sono trecento, presenti su quasi tutto il territorio nazionale, e “localmente debbono giocare un peso importante”. “Dobbiamo aumentare anche gli iscritti, perché se una Condotta va da un sindaco o da un ministro rappresentando cento iscritti ha una risposta, se ne ha mille le cose cambiano”. “Non dobbiamo diventare un partito”, dice il presidente, “tuttavia il ruolo politico che Slow Food è riuscito a conquistare nella sua storia è ben noto”. I numeri dell’associazione sono già importanti: 40.000 soci nelle 300 condotte, 4000 volontari, 296 “Orti in condotta” nelle scuole, 177 presìdi di prodotti tutelati... Ma a fare invidia ai partiti storici è un altro aspetto dell’ex Arcigola: la capacità di discutere gli obiettivi, di rinnovare la classe dirigente senza fratture con i “padri fondatori”. È la capacità di partire dai problemi concreti per proporre una strategia che parte dal campo sotto casa e arriva dall’altra parte del mondo. “La politica - dice Carlo Petrini, il fondatore ora presidente internazionale - l’abbiamo sempre fatta ma oggi siamo in grado di mobilitare la potente struttura italiana. Chiediamo ai nostri comitati, alle nostre condotte una capacità di confronto e dialettica, e anche di scontro, con le istituzioni ad ogni livello. Per molti anni siamo stati un’altra cosa: un servizio per i nostri associati. Adesso siamo cresciuti. Oggi Slow Food è in prima fila per difendere l’agroalimentare dall’attacco delle multinazionali, realizza Terra Madre, combatte contro gli Ogm, vuole una nuova filiera del cibo che dia ai contadini il giusto reddito... È un soggetto politico che fa politica, perché ha capito che sarà l’economia locale a cambiare la realtà di questa crisi entropica. Noi non tiriamo la corsa a ruoli istituzionali, a strutture politiche o a lobby di potere. Vogliamo rafforzare la politica locale e abbiamo capito che ci riusciremo solo facendo comunità”. Il congresso è stato appena aperto ma l’impegno è preciso: “Faremo sentire la nostra voce - dice il presidente Roberto Burdese - ogni volta che saranno toccati i valori di cui siamo portatori”. Il passato non si rinnega. “Restiamo il movimento per la tutela e il diritto del piacere, anche se siamo stati indicati come i bon vivant, i ricchi, quelli che possono permettersi prodotti di lusso. L’idea di piacere è più articolata rispetto a 20 anni fa. Coltivare un orto è un piacere, fare un mercato è un piacere, lavorare per la propria sovranità alimentare è un piacere”. Stare assieme per creare comunità. “Ma per riuscirci bisogna tagliare il cordone ombelicale con il mondo fasullo della tv, portare fuori dalle case i nostri amici, i nostri vicini”. Parlare con loro, recuperare la memoria dei saperi e dei mestieri. “Meglio diventare soci di un contadino che investire in Borsa. Secondo Eurostatin Italia negli ultimi 10 anni i redditi dell’agricoltura sono calati del 36% e l’occupazione del 16%. Senza reagire, mangeremo solo ciò che verrà prodotto e venduto dalle multinazionali”. Tante comunità locali, in tutto il mondo, che debbono - lo annuncerà oggi Carlo Petrini - “riempire i granai della memoria e dei saperi, contro la grande carestia che sta arrivando: quella delle idee”.
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