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La Repubblica

Il buon senso dettato dalla natura ... Ci vogliono nuovi paradigmi per rendere meno impattante la nostra presenza sulla Terra. Ormai se ne sono accorti quasi tutti e non è più soltanto un’esclusiva delle “cassandre” ambientaliste: è una cosa trasversale agli schieramenti politici e alle ideologie. Ed è una cosa che comincia perfino a dimostrarsi redditizia se anche il fronte dell’interesse economico - sempre il più duro a crollare - si sta lentamente spostando in questa direzione. È bello sapere che una parte del mondo scientifico lavora per rimetterci in armonia con l’ambiente, studiando soluzioni di grande ingegno, decisamente fuori dalla portata dell’uomo comune. Tuttavia credo che sia proprio il rapporto con l’uomo comune, a prescindere dalla grandezza e giustezza delle invenzioni, a essere il punto chiave. È con il dialogo tra regni della scienza e dei saperi tradizionali che si porterà a compimento un progetto tanto ambizioso. Grazie all’unione di una ricerca di alto profilo con le buone pratiche che possiamo quotidianamente mettere in atto creeremo i nuovi paradigmi. Per esempio, si potranno pur studiare tutte le migliori tecniche di smaltimento rifiuti, ma se ciascuno di noi non s’impegnerà a ridurre il volume di ciò che butta nella spazzatura, o imparerà a sprecare di meno, non ne usciremo mai. Allora, sia che s’inventino algoritmi formidabili o che semplicemente si modifichi la propria dieta quotidiana di modo che si consumi meno CO2, bisognerà comunque essere consci che ci saranno sempre due cose cui non si può rinunciare: il buon senso e il senso del limite che ci è imposto dalla Natura. Berkely in California sta diventando un modello per gli ambientalisti: laggiù si uniscono i migliori ritrovati usciti dalla Silicon Valley, dall’industria tecnologica californiana, con il ritorno alla terra di tanti giovani che applicano un’agricoltura ecologica, che guarda alle pratiche del passato per renderle attuali. A Theucán, in Messico, il gruppo di “Agua para siempre” è riuscito a liberare la propria terra da un processo di desertificazione che sembrava irreversibile, unendo le moderne tecnologie con il sapere dei contadini locali. Non esistono soluzioni che da sole possono rappresentare la panacea di tutti i mali, ma possiamo fare tantissimo applicando proprio buon senso e senso del limite, sia che siamo scienziati esperti di nano-tecnologie, sia nei panni di semplici cittadini o contadini. Secondo le Nazioni Unite le tre principali fonti di emissione di CO2 sono nell’ordine: gli edifici, la produzione di cibo, i trasporti. Sono tutte cose molto vicine alla nostra vita quotidiana, sulle quali possiamo agire anche singolarmente, modificando i nostri comportamenti senza tanto sacrificio. Moltissimi nel mondo lo stanno già facendo: buone pratiche agricole, un più razionale uso personale delle auto e dei trasporti, un consumo alimentare intelligente che limita le distanze percorse dal cibo, una dieta con meno carne che penalizza l’allevamento intensivo divoratore di energia, oppure ristrutturazioni “ecologiche” delle vecchie case. Sono solo tanti piccoli atti, ma di grande importanza. Se la scienza ci darà una mano saremo felici, e ne guadagnerà la Terra perché - anche se fa specie dirlo mentre l’intero Golfo del Messico sta morendo inondato di petrolio - gli ecosistemi quando sono aiutati alla fine si riprendono, si rigenerano. La Natura ci sa restituire cose incredibili: se la grande scienza diventa un mezzo al servizio di questa battaglia di civiltà, e non l’oggetto fine a se stesso del nostro prodigarci, consegneremo alle generazioni future una Terra migliore.

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