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La Repubblica

Il transgenico è obsoleto la modernità risiede altrove ... Da anni partecipo a incontri pubblici sugli Ogm, nei quali presto o tardi (di solito presto), i sostenitori degli Ogm dicono che ho un atteggiamento antiscientifico. Chi raccomanda prudenza, e altre strade ritenendo che quella del transgenico sia non solo innecessaria, ma controproducente in un sistema agroalimentare sano che deve basarsi sulla biodiversità e sulla multifunzionalità dell’agricoltura fa parte, agli occhi di questi “scienziati veri”, di una sacca di arretratezza e ignoranza. Poi però mi confronto con tanti personaggi del mondo della ricerca, quella delle università e dei laboratori pubblici, e li trovo spesso in sintonia con le mie posizioni. Genetisti, presidi di facoltà di agraria, economisti, ecologi, possibile che siano tutti antiscientifici? Ecco, è importante sfatare il mito secondo cui gli Ogm sono l’avanguardia della ricerca. Quella del transgenico è una metodologia vecchia e rozza, che ha dato a fronte di investimenti faraonici risultati deludenti e ha portato profitto solo nelle tasche delle multinazionali. C’è un’altra ricerca, che il convegno che si tiene oggi a Roma racconta, ed è quella al servizio degli agricoltori e dei consumatori che credono che questo pianeta sia una cosa più interessante e complessa di un titolo di borsa. Con i campi illegali in Friuli, che in questi giorni colpevolmente non vengono contrastati da chi ne ha l’autorità e il dovere, è iniziato l’inquinamento dell’agroalimentare italiano. Friuli fino a ieri significava buon vino. Da oggi significa inquinamento da organismi geneticamente modificati. La task force “Per un’Italia libera da Ogm”, alleanza di associazioni e organizzazioni di categoria, connette la ricerca e i cittadini, legame finora non curato da chi avrebbe dovuto. Evidentemente occorre che la società civile faccia lavoro doppio e triplo, sostituendosi, dove occorre, anche alle istituzioni. Forse occorrerà farlo anche in Friuli, ma è questione di giorni, poi la contaminazione sarà cosa fatta e il nostro made in Italy sarà solo un’etichetta vuota.

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