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La Repubblica

Veneto, lite di campanili sul prosecco. Valdobbiadene scarica Conegliano ... “La capitale delle bollicine siamo noi”. Ma alcune aziende si ribellano... Tensione tra le due città dopo il debutto della Docg. E c’è chi accusa: inutili rivalità... Farebbe sorridere, la “guerra delle bollicine” esplosa intorno al Prosecco trevigiano, non fosse che in ballo ci sono 57 milioni di bottiglie di spumante Docg, un fatturato annuo superiore ai 370 milioni di euro e un export in crescita del 3% nell’ultima annata esteso nei cinque continenti. E allora succede che l’amministrazione comunale di Valdobbiadene, roccaforte del Prosecco, decida lo strappo rispetto ai partner storici di Conegliano - l’altro polo vinicolo d’eccellenza della Marca - che pure dista una manciata di chilometri e condivide il marchio a denominazione d’origine controllata e garantita. Tant’è: “La vera capitale del Prosecco è Valdobbiadene, tutti i sommelier del mondo lo sanno - taglia corto il vicesindaco Pietro Giorgio Davì - per questo abbiamo pensato come amministrazione di dare vita a un evento legato specificamente al nostro territorio e al suo prodotto principe”. Come dire, la secessione in calice; addio alla tradizionale e unitaria “Mostra nazionale dello spumante”, largo al nuovo evento enogastronomico intitolato “Valdobbiadene brinda alla vita”. Ovvero quattro giorni di esposizioni, asaggi, degustaziome convegni, dal 3 al 6 settembre: budget previsto di 60 mila euro, 40 mila scuciti dal Comune e il resto dagli sponsor istituzionali, in primis la Regione Veneto retta dal governatore-enologo Luca Zaia. Quello Zaia che da ministro si era battuto in prima persona ed aveva ottenuto il riconoscimento della Doc Prosecco e soprattutto della Docg Conegliano-Valdobbiadene Prosecco. E che proprio un bicchiere di Prosecco aveva versato al presidente della Repubblica Napolitano nella sua prima visita al Vinitaly la scorsa primavera. L’adesione alla rassegna di Valdobbiadene si annuncia imponente, per numero e qualità: una cinquantina i produttori presenti con gli stand, il triplo quelli che invieranno i loro vini. Nomi illustri, come Astoria: “Una vetrina importante, capace di darci visibilità, perciò abbiamo deciso di partecipare”, fa sapere il titolare Giorgio Polegato. Non tutti però sono entusiasti dello strappo. Un big come Carpenè Malvolti ha annunciato forfait mentre la Cantina Ruggeri manifesta perplessità sulla scelta esclusivista: “Credo che queste iniziative debbano privilegiare l’unità dei produttori senza dare troppo spazio alle divisioni”, osserva l’imprenditore Paolo Bisol. A tale scopo, in effetti, è stato costituito il Forum Spumanti, inteso come strumento di promozione su scala nazionale e internazionale del marchio Docg. Finora si riuniva a Valdobbiadene, in coincidenza con la Mostra, ma lo strappo consumato potrebbe rimettere tutto in discussione. “C’è una contraddizione evidente - sottolinea Bisol - visto che a parole si auspica di creare una massa critica che metta insieme le eccellenze spumantistiche d’Italia ma nei fatti si fa nascere un evento concentrato su Valdobbiadene, che dà voce alle spinte campanilistiche dei territori. A questo punto, il Forum dovrebbe essere spostato in campo neutro”. E Conegliano come reagirà allo schiaffo?I primi commenti sono ispirati a grande fair play: “Saremo presenti con i nostri migliori prodotti”, assicurano alle Cantine Valdoca, il cui amministratore delegato Egidio Vettoretti però aggiunge: “Senza uno sforzo per ridurre l’eccessiva frammentazione, non riusciremo a diventare veramente efficaci sul mercato”. La sensazione è che il regolamento di conti vitivinicolo sia rinviato al dopo-vendemmia (resa prevista, 135 quintali per ettaro) che peraltro si preannuncia delicata, anche a causa delle abbondanti precipitazioni dei giorni scorsi. Ma il timore, tra gli imprenditori del vigneto, è che questa frattura rischi di indebolire il fronte vinicolo trevigiano, tuttora convalescente dopo la batosta del Tocai, che la Corte europea del Lussemburgo, dopo una battaglia legale decennale, ha riconosciuto marchio esclusivo ungherese, proibendo ai veneti di farne uso.

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