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La Repubblica

Eataly ... A New York il tempio del palato. “Educhiamo gli Usa al cibo sano”... Oggi l’inaugurazione alla presenza del sindaco Bloomberg del “villaggio per gourmand” sulla Quinta Strada. Carlo Petrini: operazione intelligente per la salute dei cittadini e in sintonia con la Green economy di Obama... “È un balzo in avanti del sistema Italia, qui battiamo anche i francesi. Loro sanno esportare il made in France, ma noi intercettiamo la nuova sensibilità americana valorizzando anche la produzione locale, il savoir faire enogastronomico italiano si esporta anche come alta cultura e come software avanzato”. Carlo Petrini è arrivato a New York alla vigilia del grande evento che oggi sarà celebrato dal sindaco Michael Bloomberg: l’inaugurazione del primo Eataly sul territorio americano. Bloomberg taglierà un “nastro” molto particolare, fatto naturalmente di pasta, di fronte al Flatiron, il grattacielo “triangolare” del 1903 che è uno dei più begli esempi di Art Déco americano. Al numero 200 sulla Quinta Strada, Eataly è pronta a diventare il Tiffany dei gioielli del palato, nel quartiere di Madison Park caro alle case editrici e agli intellettuali. Ma Oscar Farinetti, il “mago” che è all’origine di Eataly, non si accontenta di invadere il mercato più ricco del mondo puntando solo alla fascia alta, alla clientela di lusso. “You are what you eat”, il detto secondo cui siamo ciò che mangiamo, diventa “You are what you Eataly”. Accompagnato da un monito: “Prima regola: qui dentro il cliente non ha sempre ragione”. Come dire: newyorchesi, siamo venuti a salvarvi dalle vostre peggiori abitudini. Guerra al junk-food, certo, ma anche al Big Agro Business, al Franken-food degli ogm, al complesso agro-industriale più potente e più tossico del pianeta. “In fatto di mala-alimentazione - dicePetrini - gli americani hanno toccato il fondo, però adesso stanno rimbalzando in un modo prodigioso. Slow Food ha 40.000 soci negli Stati Uniti, presto 10.000 agricoltori daranno vita al movimento Terra Madre. Dalle campagne di Michelle Obama per gli orti scolastici, all’istituto di sanità che punta sulla dieta mediterranea contro l’obesità, è in atto una fantastica rivolta contro il degrado, una vera rivoluzione culturale”. Da oggi questa nuova religione del mangiare bene (e sano) ha un tempio, qui nel cuore di Manhattan. Un luogo affascinante dove scopri che esiste - come nei sogni dei bambini - la fontana del cioccolato, da cui sgorga finissimo gianduia liquido torinese; ma con una variante più fondente e più magra dell’originale. Perché una delle sfide di Eataly è “ridurre del 50% l’uso dello zucchero e del 50%
l’uso del sale in quasi tutti gli alimenti”. Le regioni italiane sono “raccontate” attraverso la pasticceria, perché gli americani sappiano che il tiramisù è veneto e la panna cotta siciliana. È un po’ museo d’arte contemporanea, un po’ mega-boutique alimentare, un po’ villaggio. Nella “piazza” centrale, chiamata così perché è proprio l’incrocio dei flussi dei visitatori, agli angoli ci sono i reparti “prosciutto e bollicine” (affettati e spumanti), i formaggi delle nostre tradizioni regionali, il pane sfornato caldissimo dall’unico fornoa legna di tutta Manhattan. E un altro portento: Carlotta Zanon e Alessandro Gribaudi, laureati in legge e in marketing ma “riciclati” ad Andria, producono mozzarella fresca in 30 minuti sotto gli occhi dei consumatori. Dall’Italia Farinetti ha portato l’élite dei talenti in ogni settore: il super-pasticciere Luca Montersina; una task-force di pizzaioli napoletani. Ha riservato degli spazi per forme “contigue” di made in Italy: ci sono Bialetti e Guzzini, Alessi e Kartell, il design che ha dato forma alle nostre cucine. Lo chef dei Vip Mario Batali e la friulana Lidia Bastianich animano la libreria e la scuola con corsi di gastronomia. C’è posto perfino per un affaccio di promozione turistica: una alla volta ogni regione d’Italia avrà il suo momento di gloria qui dentro, con immagini dei luoghi più belli e soprattutto di quelle meraviglie non-esportabili della gastronomia, che gli americani dovranno andare a gustare in loco. Spazi-ristoranti, enoteca che sembra una grande biblioteca rinascimentale (i soffitti altissimi del grattacielo primo Novecento sono tappezzati di scaffali di bottiglie), tutto è pronto per accogliere un pubblico già sedotto dal Verbo italiano: l’idea che mangiare bene è la garanzia per mangiare sano.
Perciò Eataly nella versione newyorchese è anche un ponte verso la Green Economy di Barack Obama e il vasto movimento dell’agricoltura “organica”. Come spiega Farinetti: “Dall’Italia portiamo l’eccellenza che merita di traversare l’Atlantico, per il resto valorizziamo la produzione locale che lo merita: dall’ortofrutta alla carne al pesce”. Tutti prodotti selezionatissimi, da piccole coltivazioni biologiche, o dal commercio equo come il caffè del Guatemala. “E le uova devono essere di galline felici”, niente campi di concentramento e tortura per animali. “Questa è un’operazione politica intelligente - commenta Petrini - perché New York ha una middle class democratica che simpatizza col movimento dei Farmers’Markets. Dietro questa iniziativa c’è una visione olistica, che vuol intervenire insieme sull’agrobusiness, sulla salute del cittadino, sulla difesa dell’ambiente”. Per il D-Day sono arrivati il sindaco di Torino Sergio Chiamparino e i suoi colleghi di Bra, Barolo, Alba. A Torino Eataly fa 2,5 milioni di visitatori all’anno. Ma la città che amministra Bloomberg ha due volte gli abitanti di tutto il Piemonte: 8,4 milioni. Eataly punta a “sbancare” la Grande Mela, con 6 milioni di ingressi previsti all’anno.

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